A tutto spot / Il salmone Mowi punta sulla semplicità, apparecchiando la tavola della rilevanza culturale

2025-11-19T12:33:27+01:0019 Novembre 2025 - 12:33|Categorie: A tutto Spot, in evidenza, Mercato|Tag: , |

di Giulio Rubinelli

Il recente ciclo di spot di Mowi (vedi qui) è un’ode alla semplicità. Di prodotto, è chiaro, ma anche filmica. Un testimonial di rilievo internazionale, tavolaccio in spiaggia, coltello e trancio di salmone. Il tutto incorniciato dalla scenografia naturale dei fiordi norvegesi. “Ode to Self”, ode al Sè: soggetto singolo, a tu per tu con il suo pasto, isolato nella natura incontaminata. E un pizzico di auto ironia, che la cultura nordica sempre promuove. Intrattiene, vende. Qualcosa da imparare ci sarebbe eccome.

 

Obiettivi della comunicazione

La rilevanza culturale è la capacità di un brand di inserirsi in conversazioni, valori e comportamenti che stanno modellando la cultura del momento, che si inseriscano in un immaginario condiviso e aderente con i trend dominanti.

Mentre gli spot italiani continuano a incaponirsi sulla rilevanza dello “stare insieme”, MOWI ha capito che il modello scandinavo, fondato sull’individuo e il benessere individuale – piaccia o meno -riscontra maggiore eco in un pubblico crescentemente solitario ed ego riferito.

Per questo, senza imbellettamenti, senza manierismi, il brand norvegese riesce a convogliare in efficacia la combinazione essenziale di tutti gli elementi di marca. Ed è ormai sempre più raro assistere a simili imprese in ambito pubblicitario.

 

Coerenza strategica con il brand

Mowi si colloca all’interno della fascia medio-alta del mercato del salmone confezionato. Il posizionamento viene giustificato anche dai claim di qualità: allevamento norvegese, senza antibiotici e dalle certificazioni. Dal punto di vista strategico, Mowi può essere dunque trattato come brand “premium accessibile”. E questo assunto traspare chiaro dal film che, come detto, unisce la premiumness del testimonial alla scenografia eccezionalmente scarna.

In un segmento spesso tentato dall’iper-spiegazione e dalla retorica della qualità “dimostrata”, Mowi sceglie invece la sottrazione come leva di valore: meno parole, più gesto, più prodotto. Una strategia che trasmette sicurezza di sé e che comunica affidabilità senza bisogno di dichiararla. Il brand, così facendo, si inserisce in quella categoria ristretta di marche che possono permettersi di dire poco perché hanno già costruito abbastanza per farsi capire.

 

Rilevanza della promessa

Forse il punto dolente della coerenza tra film e posizionamento, è lo slogan che chiude la campagna: “Spudoratamente buono”. Poichè proprio di spudorato c’è poco o niente (e va bene così). Il brand non è spudorato, l’identity nemmeno, la campagna e il tono di voce neppure. Non è chiaro dove siano andati a pescarlo (è il caso di dirlo) questo aggettivo, poichè nulla allude a una mancanza di contegno o di pudore.

Il copy appare del tutto avulso dalla campagna, manco si vedessero venti vichinghi ignudi che si lanciano nell’acqua gelida con il trancio di salmone tra i denti. È invece la calma, l’auto ironia, l’essenzialità la chiave di campagna che apre anche a uno scenario di brand rispetto al quale Mowi appare disallineato.

La promessa, fino al super del cartello conclusivo, è quella di un piacere intimo, in armonia con gli elementi. È forse proprio il pudore, per contro, di un momento da gustarsi in solitaria, nella pace dei sensi.

 

Coerenza del tono di voce vs target

Rivolgendosi il brand, come visto, al segmento di “premium accessibile”, la fascia di interesse coinvolge Millennials e Boomers a salire. Il tono di voce risulta quindi estremamente centrato. Il talent impiegato è Kristofer Hivju, star del Trono di Spade, show cult di riferimento per i Millennials, nondimeno impegnato, sin dal successo della serie, in ruoli cinematografici notevoli, tra i quali si annovera il meraviglioso Force Majeure di Östlund; dunque ruoli di richiamo anche per le generazioni più senior.

Come i suoi personaggi, Hivju combina la sua estetica selvaggia e grezza (proprietà che sono riferibili anche al prodotto), con un’ironia e un’auto ironia sottili e coinvolgenti.

Tutto giusto, dunque. Ben riflettuto, sia dal punto di vista strategico, sia del branding.

 

Qualità della realizzazione

Lo spot, lo ripetiamo, è semplice ed efficace: ambiente, dettaglio, campo largo, mezzobusto, campo largo, ambiente. Trenta secondi didattici e perfetti. Notevole la scelta del talent anche per l’affinità cromatica con il prodotto, in continuità con l’immaginario più conservatore del norvegese medio. Il Voice Over è ben scritto, colloquiale e interpretato con precisione.

La realizzazione conferma la pulizia concettuale del film: ogni scelta – regia, ritmo, fotografia – è ridotta all’essenziale senza mai risultare povera. È una semplicità costruita, calibrata, che rivela un controllo creativo molto più sofisticato di quanto la superficie minimale lasci intendere.

Nel complesso, lo spot dimostra una maturità creativa rara: un brand che sa chi è e che non ha paura di mostrarsi essenziale.

Se la pubblicità italiana vuole tornare a parlare la lingua della rilevanza, forse dovrebbe guardare proprio qui: a un tavolo in riva ai fiordi, a un trancio di salmone e a un’idea semplice fatta bene.

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