A tutto spot / L’ennesima ‘gaggina’ di Amica Chips: una comunicazione che vive alla giornata

2024-10-21T08:58:07+02:0021 Ottobre 2024 - 08:56|Categorie: A tutto Spot, Dolci&Salati, in evidenza|Tag: , |

Di Giulio e Luigi Rubinelli

Il più recente spot Tv di Amica Chips (clicca qui per vederlo) dice molto del Paese che siamo. Chiassosa e inutile, ci troviamo di fronte a una réclame che non significa nulla. Che cerca un dinamismo visivo senza raggiungerlo, che mira a una modesta risatina, accozzando temi scollegati tra loro. Per vendere patatine.

Obiettivo della comunicazione
In Italia quando metti di mezzo suore e madonne, puoi voler ottenere una cosa soltanto: risonanza. Tuttavia bisogna sempre vedere come. Citavamo nello scorso episodio di questa rubrica, i celebri spot di Lavazza Qualità Oro, dove Bonolis e Laurenti si intrattenevano con San Pietro alle porte del paradiso. Ma pensiamo anche alla campagna Benetton “UnHate” e al bacio tra il Papa e l’imam el Tayeb; o all’angelo che beve il Crodino, se proprio vogliamo rimanere in una sfera più frivola. Tutti esempi in cui l’espediente religioso, in modo più o meno profano, rimane comunque finalizzato a obiettivi di vendita.
Non in questo caso. “Il divino quotidiano” di Amica Chips scomoda la religione per il gusto di farlo, senza pertinenza con brand né prodotto.

Coerenza strategica con il brand
Una donna sta partorendo, intorno tutti la incitano all’ultima spinta, poi si sente lo sgranocchio di patatine. Gli astanti credono che provenga dalla pancia? Il padre sviene, non è chiaro perché. Ma – udite, udite – non era il neonato a mangiare le Amica Chips, bensì una suora sovrappeso seduta in corsia. Ecco.
Per trattare la coerenza strategica basta riavvolgere il nastro, al 2006, quando Amica Chips decideva di infrangere anche l’ultima barriera del buon gusto e realizzare uno spot con protagonista Rocco Siffredi, sotto lo slogan “A chi piace la patatina”. Il brand mira a dissacrare, sempre e comunque. Sarà anche questione di gusti individuali, ma ci vorrebbe talmente poco per offrire qualcosa di anche minimamente migliore rispetto alla suora obesa.

Rilevanza della promessa
‘Il divino quotidiano’ promette una parentesi celeste che ognuno può permettersi, ogni giorno. La promessa, di per sé, è centrata e potrebbe anche valere. È particolare, tuttavia, che la situazione scelta, quella del parto, sia eccezionale, anziché ordinaria. Sulla base di queste promesse, istintivamente, avrebbe avuto forse più senso invertire il paradigma del brief: cercare lo straordinario nell’ordinario; e non viceversa.
La promessa è dunque anche rilevante – l’esecuzione, meno. D’altronde, se lo scopo è la notiziabilità, la promessa è superflua.

Coerenza del tono di voce vs i target
Viviamo un periodo storico in cui il non plus ultra della comunicazione è considerato il tono di voce dissacrante di Taffo (quello dei funerali), a proposito di profano. Che il pubblico apprezzi le sciocchezze non significa che dobbiamo aggiungerne di nuove.
Amica Chips può anche continuare a vivere alla giornata, aggiungendo campagna su campagna a una piramide instabile di messaggi traballanti. Tuttavia, vorremmo disilludere sulla consistenza di un simile posizionamento: alzare l’asticella di trimestre in trimestre non renderà il marchio più memorabile. Il target sarà pure generalista, ma i competitor, intanto, stanno costruendo basi ben più solide sui touchpoint digitali.

Qualità della realizzazione
Se l’impianto funzionasse, si potrebbe perfino azzardare a dire che la realizzazione è efficace. Mettere in fila quattro immagini ben girate, tuttavia, non produce nessuna memorabilità, se i messaggi non sono sorretti da un pensiero strategico. Rimane la ‘gaggina’, la sortita timida da Zelig, il tormentoncino. Può bastare anche quello, per l’amor di Dio. Ma mentiremmo se ci raccontassimo che è quello che ci si aspetta dalla comunicazione nel 2024. Con buona pace di santi e madonne.

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