Cibo e vino valgono il 17% del Pil italiano. Ma le aziende hanno problemi gestionali

2022-11-29T12:27:38+02:0029 Novembre 2022 - 11:04|Categorie: Mercato|Tag: , , , , |

Busto Arsizio (Va) – Cibo e vino valgono il 17% del pil italiano. E il settore ha resistito bene alla crisi pandemica: il valore aggiunto è calato solo dell’1,8%, a fronte del -8,9% del totale dell’economia italiana. Il dato emerge da una ricerca condotta da I-Aer (Institute of Applied Economic Research) su un campione di 541 piccole-medie imprese del settore. Settore in cui sono attive, in totale, più di un milione di imprese, per un giro d’affari di 478 miliardi all’anno.

Insomma, nell’opinione degli esperti cibo e vino sono uno dei pilastri del paese, assieme ad arredo-design, automazione industriale, abbigliamento-moda e accoglienza-turismo. Bisogna ricordare che l’Italia è il primo paese al mondo per il numero di Dop, Igp e Stg, nonché per la quantità di vino prodotto e per la varietà di viti. Ma il settore ha alcuni punti deboli.

Riguardo all’exporti, “un primo elemento spesso ignorato”, spiega Veronica Laurenza, a capo del team di ricercatori di I-Aer, “è l’alta dipendenza da pochi prodotti-chiave“. I dati mostrano che nel food & wine circa il 50% di ciò che l’Italia esporta è rappresentato, in volume, da soli 12 prodotti. “Un’ulteriore debolezza”, prosegue Laurenza, “viene riscontrato anche in termini di mercati di sbocco: oltre il 67% dei prodotti food & wine italiani viene acquistato dai nostri ‘vicini di casa’, Francia, Germania e Svizzera su tutti”. I motivi sono una storica bassa propensione all’esplorazione di nuovi mercati e uno scarso livello di digitalizzazione delle pratiche di sviluppo commerciale.

Ma ulteriori fattori causano una scarsa competitività del settore: nel 78% dei casi analizzati, si registrano la mancanza di una strategia aziendale ben strutturata e condivisa, un’organizzazione aziendale spesso lacunosa e quindi fonte di problemi che minano la crescita delle imprese, e un controllo economico-finanziario non sufficiente a garantire redditività e prosperità. Oltre 6 imprese su 10 non sono dotate di competenze gestionali utili a stimare la reale marginalità sui prodotti e servizi offerti.

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