D’Ambros: “Combattiamo anche noi il carovita. Meglio di Esselunga”

2021-12-17T14:42:55+02:0017 Dicembre 2021 - 13:18|Categorie: Aperture del venerdì, in evidenza, Retail|Tag: , , , , |

L’insegna di Turate (Como) ci ha scritto dopo la nostra inchiesta sulla comparazione dei prezzi (leggi qui). Per segnalare quanto sia competitiva. Merito della formula ibrida dettaglio-cash&carry e non solo. La parola ad Alessandro e Jessika D’Ambros.

“Faccio seguito al vostro interessante articolo sulla comparazione prezzi di un paniere di 64 referenze tra le varie insegne di zona. Abbiamo notato che tra i vari competitors presi in considerazione non avete calcolato la nostra insegna, che risulta dal Vs file, la più conveniente”. Inizia così una mail giunta in redazione dopo la nostra inchiesta sull’operazione di Esselunga contro il carovita. A scriverla è Alessandro D’Ambros, titolare dell’insegna D’Ambros (Consorzio C3) di Turate (Como): un ipermercato-cash&carry ben noto sul territorio per l’ampio e profondo assortimento dei freschi, e anche per i prezzi competitivi. “Se interessati”, prosegue la mail, “siamo pronti ad inviare il file con il nostro comparativo”. Così abbiamo colto la palla al balzo per una chiacchierata a tutto campo con Alessandro e Jessika D’Ambros, seconda generazione alla guida dell’azienda, negli uffici di Turate.

Quando nasce l’insegna?

La D’Ambros viene fondata dai nostri genitori nel 1962 a Saronno (Varese); in un primo momento si sviluppa soprattutto come macelleria. Poi, nel 1995, diventa un punto vendita della distribuzione moderna con la struttura attuale di Turate, in provincia di Como. Da allora l’azienda ha continuato a crescere, tenendo d’occhio i nuovi trend.

Per esempio?

L’e-commerce con consegna a domicilio. Ad oggi D’Ambros consegna in 100 comuni entro 24 ore dall’ordine, in un raggio di una trentina di Km. Arriviamo a Milano e in vari paesi delle province di Como, Varese, Monza e Brianza.

Utilizzate il volantino cartaceo?

Sì, viene distribuito in 120mila copie a periodo e presidiamo anche l’online, con i social e l’indicizzazione Google.

Un’altra particolarità è la formula ibrida dettaglio-ingrosso. 

Sì, abbiamo un mix di clienti diversi e riusciamo a servire entrambi. Chiaramente nel settore retail la concorrenza intorno a noi è ben radicata e continua a crescere. Siamo un po’ Davide contro Golia…

Perché questa scelta di non espandervi con altri punti di vendita?

Siamo ben radicati sul territorio e abbiamo fatto una scelta ben precisa in questo senso. E poi, come dice nostro padre: “Meglio avere un punto vendita che va bene rispetto ad averne dieci che vanno male”.

Un punto di vista interessante…

Devo dire, però, che ci sono riflessioni sulla possibile apertura di nuovi store, anche se al momento non c’è nulla di definito. Inoltre, c’è in programma un’espansione di questa struttura. Ma siamo pur sempre in Italia, e la burocrazia non aiuta…

Vediamo più da vicino i prezzi del paniere analizzato nella nostra rilevazione.

D’Ambros presenta 54 referenze sulle 64 individuate nella vostra analisi. Di queste 54, ben 39 hanno il prezzo più basso tra tutte le insegne prese in considerazione. Con un risparmio di circa il 15% rispetto a Esselunga e 10% rispetto a Tigros, ovvero la catena più conveniente secondo la vostra indagine. Resta il fatto che il nostro core business sia il fresco-freschissimo, dove abbiamo un assortimento senza eguali per ampiezza e profondità. Infatti la clientela – sia consumatori che professionisti – si orienta sempre più verso le casse: frutta e verdura, carne e pesce. Quando si vendono grandi formati, si riescono ad abbattere i costi, avendo meno lavorazioni e meno scarti. L’obiettivo è offrire sempre qualità e servizio a prezzi competitivi.

Come vengono selezionati i fornitori?

Oltre alle grandi marche, nei freschi ci sono tanti sono piccoli e medi, anche produttori artigianali del territorio.

Quali sono i comparti dove l’assortimento è maggiore?

Le carni sono il nostro fiore all’occhiello: prendiamo le mezzene dall’Italia o dall’estero, direttamente dai macelli e nel pdv abbiamo circa 110 metri lineari. Sulla salumeria l’assortimento è sviluppato su circa 30 metri e cinque ripiani. Per la pasta fresca su 25 metri, mentre ai latticini sono dedicati 35 metri. In tutto, D’Ambros ha circa 19mila referenze.

Qual è l’andamento di D’Ambros degli ultimi anni?

Sostanzialmente stabile, anche se abbiamo sofferto per i limiti imposti a causa dell’emergenza sanitaria. Il motivo è semplice: da noi vengono effettuate spese con scontrini importanti e acquisti in volume elevati. La clientela è diversificata, vive anche lontano e passa da noi ogni tre settimane oppure mensilmente. A causa del lockdown, tutto questo non è stato più possibile.

E ha pesato anche la chiusura dell’Horeca: quanto vale per voi?

Circa il 20%. È un canale dove stiamo crescendo, e dove c’è ancora tanto da costruire.

Passiamo a un tema caldo: l’aumento dei listini. Qual è la vostra posizione?

Per alcuni settori, oltre al caro materie prime, ci sono problematiche ulteriori, come l’aumento del prezzo del bovino o la diffusione dell’influenza aviaria. Aggiungiamo che il potere d’acquisto dei consumatori non è aumentato. Anzi, i rincari sull’energia si faranno sentire anche sui clienti. Comunque l’aumento dei listini è solo questione di tempo. Dovremo essere ancora più attenti a gestire i costi, i magazzini, i flussi di approvvigionamento e le scorte. Faremo quello che bisogna fare: non si può andare controcorrente.

Alla luce dei prezzi rilevati, in questa congiuntura siete in qualche modo favoriti.

D’Ambros cerca da sempre di andare incontro alle esigenze dei consumatori. È anche vero che nel canale retail c’è una concorrenza agguerritissima in zona. Iperal e Tigros stanno continuando ad aprire punti vendita. Ma il rischio è fare la fine delle banche.

In che senso?

Aprire filiali in continuazione, con il bacino di clienti che è sempre lo stesso. È vero che l’industria cresce con le nuove aperture, ma se il tasso demografico non aumenta, è un circolo vizioso. Crediamo che prima o poi arriverà il conto da pagare: per un’azienda, è indispensabile tenere conto della sostenibilità economica, non solo della predominanza sul territorio.

Una dinamica a tutto vantaggio del consumatore, che ha una scelta maggiore. Ma fino a un certo punto, a meno che non abbia tantissimo tempo a disposizione…

Sì, ad ogni modo D’Ambros è sempre stata uno specchio del mercato, specialmente nel mondo del fresco, dove ci sono fluttuazioni importanti. Noi però riusciamo sempre a offrire il prezzo più basso. Chiaramente facciamo i conti con l’industria, ma la nostra clientela non ci identifica con l’Idm. Quello che fa la differenza è l’assortimento e la qualità dei freschi, non tanto l’industria di marca.

E neanche la private label, immagino. Un segmento sui cui alcune catene investono risorse ed energie, puntando ad arrivare al 35% a fronte di una media di circa il 20%.

Per noi la Mdd ha una quota nella media, forse leggermente inferiore. Quanto alla fidelizzazione dei clienti verso le marche industriali, credo sia un retaggio degli anni ’80 e dell’esplosione delle pubblicità in tv, con testimonial d’ogni ordine e grado. Cosa che all’estero, per esempio in Francia, non è mai avvenuta.

Io invece la leggo in un altro modo: il mercato alimentare è un mercato di famiglie e di cognomi. Quindi il cognome è una garanzia, dà sicurezza. E il consumatore cerca questo. 

È vero. Non per niente la nostra insegna si chiama D’Ambros…

 

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