Gli highlights dell’Assemblea Generale 2025. Al centro del dibattito: le nuove barriere commerciali e la ‘battaglia culturale’ che si combatterà in seno all’Onu a settembre. A guidare la federazione per i prossimi quattro anni ci sarà Giacomo Ponti.
Si è tenuta il 25 giugno a Roma l’Assemblea Generale 2025 di Federvini, l’incontro annuale in cui l’associazione fa il punto sull’andamento di un comparto – vini, spiriti e aceti – che conta oltre 40mila imprese e 81mila addetti, per un valore di 21,5 miliardi di euro. Ad aprire i lavori, l’attualità delle tensioni commerciali: dall’imminente chiusura (5 luglio) dell’indagine anti-dumping cinese sugli spirits europei, alla ‘data tagliola’ del 9 luglio per il possibile inasprimento dei dazi Usa. Preoccupa anche l’avvicinarsi del 25 settembre, quando a New York si riunirà il Quarto incontro di alto livello delle Nazioni Unite sulle malattie non trasmissibili, dove gli alcolici saranno al centro di una battaglia ideologica e culturale senza precedenti.
All’Assemblea 2025 si è ufficializzato anche il cambio di presidenza, con Micaela Pallini che ha passato il testimone a Giacomo Ponti (nella foto al centro), che diventa così presidente della federazione per il prossimo quadriennio. “Sento una doppia responsabilità”, ha affermato Ponti, “quella di proseguire nel solco tracciato da Micaela, che ha guidato l’associazione con grande capacità in anni turbolenti, e quella di essere il primo presidente alla guida di Federvini che proviene dal mondo dell’aceto. Abbiamo davanti sfide complesse, ma anche straordinarie opportunità”.
A testimoniare il peso politico ed economico del comparto, la presenza di quattro esponenti del governo: i ministri Francesco Lollobrigida (Agricoltura), Adolfo Urso (Imprese e Made in Italy), l’inatteso Giancarlo Giorgetti (Economia) ed Edmondo Cirielli (viceministro Esteri).
Il ministro Lollobrigida ha affrontato il tema dell’incognita dazi americani, rinnovando il proprio impegno: “Alcuni suggeriscono di rinunciare a quel mercato per cercare altri sbocchi, ma noi diciamo no. Noi con gli americani stiamo bene, in termini di alleanze strategiche e di garantire la qualità delle produzioni”. Per il ministro, “prima ancora dei legami economici, esistono tra i due Paesi legami valoriali”. Per questo “riteniamo doveroso, per chi crede nella democrazia, rafforzare anche i rapporti economici come presupposto della prosperità dei popoli, e quindi di difesa delle istituzioni”.
Con un valore di oltre 10,5 miliardi di euro, vino, spiriti e aceti rappresentano oggi la prima voce dell’export agroalimentare italiano, con un saldo della bilancia commerciale positivo per quasi 9 miliardi di euro. Guardando nel dettaglio l’export di vino, Stati Uniti, Germania e UK rappresentano insieme circa la metà dell’export di settore. “Questa concentrazione è un fattore di debolezza”, osserva Denis Pantini, responsabile Agrifood e Wine Monitor di Nomisma, “ma i dati mostrano una crescita significativa in nuove aree del mondo”. Il riferimento va in primis a Centro-Sudamerica e Africa, dove negli ultimi cinque anni le esportazioni sono cresciute rispettivamente del 48% e del 40%. A preoccupare gli analisti sono però i provvedimenti che, a livello globale, tendono a restringere il commercio. “Nel periodo post-Covid – afferma ancora Pantini – abbiamo assistito a un ritorno del protezionismo molto più marcato rispetto alla spinta verso accordi di libero scambio”.
Le tensioni commerciali non sono però la sola preoccupazione del comparto. Giacomo Vigna, dirigente della Divisione Agroindustria del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, ha aperto il suo intervento con una battuta amara: “Rispetto a quello che potrebbe accadere nel dibattito sulle malattie non trasmissibili, il problema dei dazi e delle misure anti-dumping cinesi sembra quasi piacevolmente accoglibile”.
Il prossimo 25 settembre si terrà infatti a New York il quarto incontro di alto livello delle Nazioni Unite sulle malattie non trasmissibili (NCD). E tra i dossier più complessi sul tavolo c’è proprio quello che riguarda il consumo di alcolici, inseriti tra i tra i principali fattori di rischio per la salute insieme a tabacco, alimenti ultra-processati e combustibili fossili.
“L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), con posizioni per sua stessa ammissione non supportate dalla scienza, sta imboccando l’Onu con una dichiarazione politica che dovrebbe vedere la luce il 25 settembre di quest’anno demonizzando talune tipologie di cibo e tutte le bevande alcoliche”, ha spiegato Vigna. Le ipotesi in discussione vanno da maggiori tassazioni – su scala globale – a divieti sulle attività di marketing, fino a limitazioni sulla disponibilità dei prodotti in contesti frequentati da giovani.
Secondo Vigna, l’Italia è da tempo impegnata per costruire un fronte unico europeo anche grazie a un’intensa attività diplomatica e di lobbying. Uno dei principali ostacoli sarebbe però la natura “onnicomprensiva” del pacchetto: “Chi si oppone alle misure sugli alcolici, per essere efficace dovrebbe rifiutare tutti i punti del pacchetto, anche quelli legati ai prodotti alimentari. Ma su questo l’Europa fatica a esprimersi unitariamente. La linea italiana, tuttavia, rimane chiara: un consumo moderato e consapevole di alcol, abbinato ad attività fisica e dieta equilibrata, non solo non nuoce, ma può anche apportare benefici alla salute”.
Fonte immagine: Federvini