Dice McKinsey che siamo pieni di contenuti di internet. L’“equazione dell’attenzione” mostra che la concentrazione, da sola, non basta

2025-08-20T12:09:50+02:0020 Agosto 2025 - 11:35|Categorie: Mercato|Tag: , , , |

Di Giulio Rubinelli

Negli ultimi dieci anni il tempo dedicato ai media è cresciuto solo dell’1–2% l’anno, mentre l’offerta di contenuti e dispositivi è aumentata esponenzialmente. Il multitasking è diffuso in tutte le generazioni: quasi due terzi dei baby boomer usano Internet o app mentre guardano la TV e negli Stati Uniti si trascorrono in media 13 ore al giorno interagendo con i media. Questa frammentazione rende la monetizzazione più complessa: al netto dell’inflazione, i ricavi del settore sono rimasti stabili. La crescita di social, streaming e audio digitale non ha generato margini comparabili a TV lineare, editoria, cinema e supporti fisici. Negli Usa, il valore di un’ora di fruizione varia dai 33 dollari dello sport dal vivo ai 24 dei parchi di divertimento e ai 17 dei concerti, fino agli 0,12 della musica digitale, 0,11 della radio e 0,05 dei podcast. Social media e social video, pur previsti in crescita del 10% e del 7% annuo tra il 2024 e il 2028, valgono oggi solo 0,25 dollari per ora, mentre quotidiani, riviste e libri – pur in calo – restano tra i formati più redditizi dopo eventi dal vivo e gaming.

La ricerca McKinsey evidenzia differenze significative nei livelli di attenzione attiva a seconda dei media. Gli eventi dal vivo si confermano in cima alla classifica, seguiti dai libri, che raggiungono l’81% di fruizione ad alta attenzione (al pari dei live e ben oltre quotidiani e riviste, fermi al 62%). Tra i formati digitali, solo il gaming su console/PC si avvicina a questi livelli (73%), mentre lo streaming video si ferma al 57%. Anche il consumo condiviso incide positivamente: videogiochi e streaming video, fruiti per circa il 40% del tempo in compagnia di altri, generano più attenzione rispetto ad attività solitarie come social video o mobile gaming.

Diverse differenze fra i formati

Le differenze emergono anche all’interno dei formati: lo streaming video genera più attenzione della TV via cavo, della Fast TV (canali streaming gratuiti supportati da pubblicità) o dei social video, e non tutte le piattaforme di streaming ottengono gli stessi risultati. Sul piano generazionale, Gen Z e baby boomer mostrano lo stesso livello medio di attenzione, ma distribuito in modo diverso: i giovani si concentrano sul gaming, i boomer sui quotidiani. Il divario più forte è negli eventi sportivi dal vivo, dove i boomer sono molto più attenti della Gen Z, che invece dichiara maggiore concentrazione guardando lo sport in TV.

L’analisi conferma che più attenzione equivale a più spesa: un +10% di concentrazione media porta a un +17% di spesa complessiva, e chi si colloca nel quartile più alto per attenzione spende in media il doppio rispetto a chi è in quello più basso.

McKinsey individua cinque motivazioni principali della fruizione mediatica, ordinate per redditività. In cima ci sono le esperienze vissute “per passione” – dai live events ai libri e agli audiolibri, fino allo streaming di nicchia – cui si affianca la musica digitale, fruita per passione nel 34% dei casi ma anche come sottofondo nel 20%. Seguono l’istruzione e l’informazione, che trainano l’uso di quotidiani, riviste, podcast, libri, audiolibri, TV via cavo e YouTube. La terza motivazione è la connessione sociale, che caratterizza soprattutto i social network, i social video come Reels e TikTok, oltre a live events e videogiochi. L’intrattenimento leggero e il relax guidano invece il consumo di TV lineare, streaming, social video e gaming su mobile e console, pur con una componente “per passione” nelle ultime due categorie. Infine, c’è l’uso dei media come semplice sottofondo, dominato dalla radio e seguito da musica digitale, podcast e TV lineare.

Nuove variabili di fruizione mediatica

Oltre ai criteri classici – età, reddito, spesa e abitudini – l’equazione aggiunge una variabile nuova: la qualità dell’attenzione, cioè il modo in cui le persone si rapportano ai contenuti e che cosa li motiva a seguirli. Su questa base McKinsey ha identificato sette gruppi di consumatori. Circa il 40% unisce un alto livello di attenzione a un elevato valore commerciale: i content lovers (13% del totale), veri onnivori dell’intrattenimento, che spendono 2,4 volte di più e consumano 1,7 volte di più della media; gli interactivity enthusiasts (16%), appassionati di contenuti generati dagli utenti e sponsorizzazioni, molto presenti su forum come Reddit ma spesso critici verso un’offerta percepita come troppo complessa e costosa; e i community trendsetters (10%), estroversi e influenti, che frequentano eventi dal vivo e sono attivi sui social, contribuendo a plasmare mode e community. Il restante 60% rientra in quattro cluster a più basso valore: i digital traditionalists (10%), consumatori meno giovani ma ancora aperti alle novità, fedeli ai brand e interessati a rimanere aggiornati; i legacy holdouts (29%), il gruppo più ampio, legato ai media tradizionali come TV lineare, quotidiani e libri, spesso diffidente verso il digitale; i mobile scrollers (11%), utenti esperti e attenti ai costi che consumano soprattutto contenuti gratuiti su smartphone e scelgono servizi premium solo con ampie librerie; e infine i thrifty thinkers (11%), parsimoniosi ma curiosi, attratti da media stimolanti dal punto di vista intellettuale e da esperienze culturali di valore.

Far coincidere attenzione mediatica e acquisti

Anche tra i consumatori più attenti si trova un ristretto gruppo di super users, ma il consumo elevato non coincide automaticamente con una spesa elevata. Il 10% dei maggiori spender genera da solo quasi il 50% della spesa complessiva in media, mentre il 10% dei consumatori più intensivi in termini di tempo contribuisce solo per circa il 20%. In altre parole, solo un terzo dei super users rientra anche tra i top spender. Nei video premium, la discrepanza è ancora più evidente: solo un quinto dei grandi fruitori appartiene anche al gruppo dei maggiori spender, spesso perché la fruizione avviene in modo passivo e quindi con minore valore commerciale. L’attenzione, però, si traduce in valore. Un aumento del 10% dell’attenzione cross-platform è associato a una crescita del 17% della spesa complessiva. Inoltre, chi appartiene al quartile più alto per livello di attenzione spende in media il doppio rispetto a chi si colloca nel quartile più basso.

L’attenzione non spiega solo le differenze tra formati e consumatori, ma anche i divari di performance tra operatori nello stesso segmento. Il lifetime value (Ltv, ovvero la spesa generata da un cliente nel corso della sua relazione con una piattaforma) nei servizi di streaming conferma questa dinamica: è più alto nelle piattaforme che ottengono forti livelli di concentrazione e soddisfano bisogni rilevanti. Elementi come catalogo, titoli di punta, qualità delle raccomandazioni, diritti esclusivi e mix di generi – ad esempio sport e news – incidono direttamente su attenzione e Ltv.

L’“equazione dell’attenzione” mostra che la concentrazione, da sola, non basta: per valutare l’efficacia pubblicitaria serve considerare anche la funzione che il contenuto svolge per il consumatore. In questo quadro, il concetto di risonanza diventa centrale: un annuncio funziona meglio se percepito come rilevante e coerente con il contesto in cui appare. Le prime evidenze empiriche confermano che la risonanza aumenta le probabilità di conversione e di vendita. Per gli inserzionisti, le sfide chiave sono tre: generare risonanza allineando attenzione e funzione di fruizione, segmentare i pubblici in base al valore commerciale e cogliere le opportunità di attenzione oggi sottovalutate.

In un mercato saturo di contenuti, i creator e i distributori utilizzano sempre più strumenti di analisi, dal tagging dei metadati agli algoritmi fino alle analytics in tempo reale, per capire cosa funziona e per chi. L’“equazione dell’attenzione” offre una variabile in più, utile a orientare scelte di produzione, distribuzione e investimento. La sfida è decidere se eccellere in una forma specifica di attenzione o costruire un portafoglio che copra più esigenze, integrando l’attenzione nei modelli di creazione e allocazione delle risorse. Un altro tema centrale riguarda come adattare i contenuti ai segmenti già esistenti, attrarre nuovi pubblici e valorizzare canali o opportunità spesso ancora sottovalutati.

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