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Diciamo no al cibo ‘politicamente corretto’

2023-02-22T16:03:17+02:0022 Febbraio 2023 - 15:50|Categorie: Editoriali del direttore|Tag: , |

C’è un bell’articolo di Margherita Luisetto su Carni & Consumi che tutti dovrebbero leggere. Racconta di come viene realizzata la carne sintetica in una sorta di viaggio virtuale all’interno di una fabbrica in Israele. Qui viene prodotta con una serie di attrezzature e sistemi da far invidia alle migliori sale operatorie. Nulla viene lasciato al caso. Ogni momento della produzione è monitorato e tutto il processo si svolge in camere sterili: nessun contatto con l’esterno, nessun patogeno. Il risultato è una fettina di carne che può essere utilizzata e cucinata nei più svariati modi. L’aspetto non è dei più invitanti ma tant’è… Sarà il cibo del futuro? Molto probabile. Di certo è ‘politicamente corretto’ tanto che il video da cui è tratto l’articolo è promosso dall’Organizzazione mondiale della sanità.

Tutto bene, tutto bello? Insomma. C’è un dato che inquieta. Un ristorante di Tel Aviv che propone carne di pollo sintetica chiede a tutti gli avventori di compilare una liberatoria che escluda i proprietari del locale in merito a qualunque problematica di tipo sanitario dovesse emergere in un futuro. Ma al di là del dibattito e delle implicazioni socio-sanitarie-economiche che ha scatenato la notizia, vale la pena andare oltre a una difesa solo corporativa del cibo tradizionale.

Il no al cibo ‘politicamente corretto’ nasce da considerazioni di tipo culturale. Introdurlo in maniera massiva significherebbe cancellare con un tratto di penna la storia e le tradizioni che sottendono ai prodotti alimentari italiani e non. Dietro al Grana Padano, al Parmigiano Reggiano, al Prosciutto Crudo di Parma o di San Daniele, al Panettone o alla Colomba, tanto per citarne alcuni, c’è una ricchezza straordinaria, un’intelligenza e una creatività che nel corso degli anni sono cresciute e si sono affinate. Una ricchezza straordinaria e unica. Non per nulla, come ripeto spesso, esiste solo l’Italian Sounding. Non c’è un French, un German, men che meno un British Sounding. Copiano i nostri prodotti perchè sono unici e, purtroppo, imitabili. Li copiano perché sono buoni. Li copiano perché sono ricercati in tutto il mondo anche grazie alla cultura gastronomica esportata in negozi e ristoranti italiani all’estero.

Un nota bene doveroso: gran parte degli stranieri che giungono nel nostro paese sono alla ricerca delle bellezze naturalistiche e culturali ma anche, e talvolta soprattutto, della nostra cucina e dei suoi buoni prodotti. Ma dietro la bontà si celano secoli di storia. Gli esempi sono innumerevoli. Pensate al Grana Padano realizzato dai monaci dell’abbazia di Chiaravalle nel 1135. Al prosciutto crudo di Parma nato, in epoca romana, nella Gallia Cisalpina. Ai dolci realizzati nel corso di particolari ricorrenze religiose, la Quaresima ad esempio. Ogni paese in Italia ha il suo prodotto d’eccellenza.

Anni fa acquistai una casa sul lago di Como. Ricordo la prima spesa nel piccolo negozio del paese. Chiesi del pane e vidi dei francesini. Li indicai alla commessa. Al che mi rispose: “Ma vuole quelli di Lenno oppure quelli di Ossuccio?”. Due paesini attaccati l’uno all’altro. I fornai del posto avevano realizzato prodotti simili ma differenti. Si chiama creatività… Ecco dunque il pericolo che si staglia all’orizzonte. La possibilità che in un futuro questa cultura venga spazzata via come un fiume in piena.

Così, dopo l’omologazione del popolo, di cui parlava Pierpaolo Pasolini, che lo conforma al modello culturale dominante, ora lo chiameremmo il ‘politicamente corretto’, oggi possiamo parlare di omologazione alimentare strisciante. Dio non voglia! L’editoriale potrebbe chiudersi qui.

Ma aggiungo un dato: in talune aree della Terra, il cibo sintetico potrebbe essere una risorsa importante. Laddove ci sono climi particolari o situazioni estreme, potrebbe rappresentare una valida soluzione alla fame nel mondo. L’affermazione non contraddice per nulla quanto ho scritto in precedenza. Rappresenta solo uno spunto di discussione. Per evitarne la demonizzazione assoluta.

Se il cibo sintetico e, aggiungo, gli Ogm servono per debellare la fame nel mondo ben vengano. Chi, come mia figlia, ha vissuto per tre anni in Africa, nel Nord dell’Uganda può testimoniare che di fronte a bambini e adulti malnutriti non ci sono corporativismi che tengano. Ma tutto questo non certo a discapito del cibo tradizionale. Che, al contrario, va ulteriormente valorizzato e protetto. Come i francesini di Lenno e Ossuccio…

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