Lo store cittadino ha accumulato perdite per 4,5 milioni di euro in due anni. Saracinesche abbassate al massimo entro la metà di agosto. Location sbagliata e prezzi alti tra le ragioni della chiusura. La procedura di mobilità sarà discussa con la proprietà. Intervista con Giosuè Rossi, segretario locale di Fisascat Cisl.
Il punto vendita Eataly di Verona chiuderà i battenti dopo appena due anni e mezzo. L’inaugurazione, infatti, è avvenuta del 4 ottobre 2022 e al taglio del nastro erano presenti il ministro della Cultura di allora, Dario Franceschini, e il patron Oscar Farinetti. Nonostante il parterre d’eccezione e la location indubbiamente affascinante – la Stazione Frigorifera Specializzata, nell’area degli ex Magazzini Generali – i numeri di oggi sono impietosi, con un ‘buco’ di oltre 4,5 milioni di euro. Proprio la location distante dal centro è uno dei motivi del fallimento, come spiega Giosuè Rossi, segretario Fisascat Cisl Verona.
Segretario, quali sono i dati economici più recenti che hanno portato alla chiusura dello store?
Nel 2023 le perdite erano 2,5 milioni di euro, nel 2024 circa 2 milioni e quest’anno sta perdendo circa 200mila al mese.
Quali le motivazioni?
Le ragioni sono tante, a partire dai costi dell’affitto alti. L’ex ghiacciaia è infatti di proprietà di Cariverona, che si è impegnata in un importante progetto di ristrutturazione a partire dal 2010. È una struttura in cui Eataly paga un affitto di circa 17mila euro al mese, quindi risultano oltre 200mila euro all’anno solo per il canone di locazione. Poi ci sono altri costi fissi importanti, come quelli energetici. Un altro grande problema è che i prezzi sono troppo elevati per la potenziale clientela.
Ci spieghi meglio.
Il punto vendita si trova in una posizione un po’ periferica, di fronte alla fiera, in una zona non turistica e con una clientela potenziale non alto spendente. O comunque una clientela difficile da fidelizzare: nell’area ci sono diverse aziende, alcuni ordini professionali, una banca con la mensa interna. Per il resto è una zona residenziale, un po’ ‘di passaggio’, potremmo dire. Non ha nulla a che vedere con Verona centro.
Perché Eataly ha scelto questa location, secondo lei?
Farinetti, probabilmente, ha pensato che potesse essere una buona location solo per il suo essere un esempio di ‘archeologia industriale’. Ma evidentemente non era così.
Quanti dipendenti ci sono?
I dipendenti diretti sono 33. Ma ci sono anche cinque lavoratori interinali e altri 10 addetti alle pulizie. In più bisogna conteggiare altre tre persone che si occupavano dell’organizzazione di mostre al piano di sopra dell’ex ghiacciaia. La maggior parte dei dipendenti ha un’età compresa tra i 23 e i 30 anni. Un paio di addetti hanno circa 50 anni. Dai primi colloqui, abbiamo capito che i più giovani avrebbero mostrato anche una disponibilità a trasferirsi in altri punti vendita, a patto che l’azienda possa venire loro incontro, magari fornendo un alloggio temporaneo. Spostarsi negli Stati Uniti o a Milano ha dei costi non indifferenti.
Cosa succederà ora allo spazio?
Ci sono diverse ipotesi: un museo del vino o un centro culturale, per esempio. Di certo bisogna tenere conto dei costi fissi importanti.
Che tempi ci sono per la soluzione della vertenza?
L’apertura di procedura di mobilità può durare al massimo 75 giorni. Dopodiché l’azienda può chiudere il punto vendita senza accordi e licenziare. Nei primi 45 giorni le organizzazioni sindacali e la proprietà cercano un accordo per chiudere la procedura. Se non si trova un’intesa entro i primi 45 giorni, si chiede un incontro presso l’Ispettorato del lavoro e sono previsti altri 30 giorni. Quindi possiamo dire che al massimo entro metà agosto il punto vendita sarà chiuso. Tendenzialmente, in questi casi si trovano soluzioni entro i 45 giorni: dobbiamo capire quanti addetti sarebbero disponibili al trasferimento e, negli altri casi, dovremo discutere sugli incentivi all’esodo. L’azienda dovrebbe essere disposta a dare un certo numero di mensilità per permettere ai lavoratori di affrontare questo periodo di disagio.