Gasbarrino: “Vi presento il nostro Gastronauta”

2021-12-10T13:01:04+02:0010 Dicembre 2021 - 13:01|Categorie: Aperture del venerdì, in evidenza, Retail|Tag: , , , , , , |

Il brand creato dal giornalista Davide Paolini è il marchio d’alta gamma di Decò Italia. Le origini del progetto, le referenze in assortimento, la selezione dei fornitori. La parola all’Ad.

 

Il Gastronauta: un nome che è tutto un programma. Creato negli anni ’90 dall’estro di Davide Paolini, giornalista, gastronomo e intenditore di cose buone scovate in giro per il Bel Paese, è stato acquisito in giugno da Decò Italia, per farne il marchio della propria private label d’alta gamma. Un progetto di ampio respiro, quello del nuovo Gastronauta, accompagnato dal claim ‘Il ricercatore del gusto’, con una squadra competente e al timone due manager che amano le sfide: Gabriele Nicotra, direttore generale, e Mario Gasbarrino, amministratore delegato. La nuova vita del Gastronauta si intreccia così con la società che, a sua volta, nasce da due imprenditori di ampie vedute come Giovanni Arena, Dg dell’omonimo gruppo, e Claudio Messina, Ad Multicedi. Entrambe le aziende fanno parte del Gruppo VéGé. Mario Gasbarrino ci racconta la genesi e le prospettive di un progetto dal grande potenziale.

Che legame c’è tra Decò Italia e la nuova vita del Gastronauta?

I due progetti sono strettamente legati perché nascono da personalità eccezionali e con una visione imprenditoriale fuori dal comune. E poi gioca un ruolo di primo piano il radicamento nel Centro Sud. Per me, cresciuto professionalmente in Sicilia con Sigros, c’è una dimensione affettiva: Arena ha rilevato da Auchan quasi tutti questi pdv storici, in precedenza di proprietà della Rinascente.

Come nasce il progetto sul marchio creato da Paolini?

Quando sono entrato in Decò, ho fatto subito presente la necessità di investire sulla private label su due fronti: uno entry level e un altro premium. Per il primo abbiamo pensato a Decò, mentre il marchio premium era ancora da definire. Poi, per una serie di circostanze, abbiamo incontrato Davide Paolini, che aveva creato il Gastronauta ispirandosi ai nostri stessi valori.

Eppure il Gastronauta non è mai stato identificato con dei prodotti precisi.

È vero, ma la filosofia è la stessa che avevamo in mente noi, e i valori sono quelli su cui intendevamo fondare il ‘nostro’ Gastronauta. Con in più l’opportunità – come accennavo – di restituire qualcosa alle aziende del Sud. È un punto di approdo anche per il marchio di Paolini, quindi potremmo dire che Decò e il Gastronauta erano destinati a incontrarsi fin dall’inizio.

Da novembre è attivo anche il sito: mi ha molto colpito la sezione ‘storie’, per come racconta il prodotto e quel che c’è dietro.

È chiaro che in questo progetto c’è anche qualcosa delle mie esperienze precedenti. E lo stesso vale per Gabriele Nicotra: ciascuno, però, rielabora sempre quello che ha imparato adattandolo al nuovo contesto. Posso utilizzare una metafora calcistica?

Certo.

Maurizio Sarri, ex allenatore del Napoli e oggi sulla panchina della Lazio, gioca sempre allo stesso modo. Il suo schema e la sua filosofia sono quelle. Ma chiaramente devono adattarsi al contesto: i giocatori a disposizione, le competizioni italiane e internazionali, i rapporti con la società e tutto il resto. Ecco, nel nostro settore accade qualcosa di simile: i marchi vanno aggiornati e contestualizzati. Noi vogliamo dare una caratterizzazione unica al Gastronauta.

Quali sono i suoi tratti distintivi?

Innanzitutto un’attenzione speciale ai produttori locali, e poi vorremmo ‘osare’ sulla ricerca, con prodotti che hanno una storia da raccontare.

L’idea della ricerca è sintetizzata benissimo dal logo: una forchetta che cammina.

È un elemento centrale della comunicazione, come ha dimostrato la campagna teaser con affissioni in diverse città. E qui il grande merito va alle strutture marketing di Arena e Decò, che hanno lavorato benissimo insieme. Il logo sarà sempre più protagonista anche nei packaging.

Qualcuno definisce questi prodotti un ‘lusso accessibile’. Cosa ne pensi?

Rispondo con una citazione da un libro scritto proprio da Davide Paolini ‘Le ricette della memoria e l’arte di fare la spesa’. Leggendolo, mi sono accorto dei tanti punti in comune con il Gastronauta, fin da tempi non sospetti: “Risparmiare è un’arte, che non ha nulla a che vedere con il fare la spesa durante le grandi offerte. Ci sono prodotti che per la loro qualità intrinseca costano troppo, anche se il prezzo di partenza è basso. Risparmiare significa fare un acquisto il cui rapporto tra qualità e prezzo sia vantaggioso. Né sottocosto né sopravvalutazione assicurano la qualità di un cibo”. Perciò parlare di ‘lusso accessibile’ può essere fuorviante, noi vogliamo vendere dei prodotti per il loro valore oggettivo. Ecco perché l’aspetto della ricerca (e quindi della forchetta alla ricerca del gusto) è fondamentale, ma non è detto che il prezzo debba essere sempre elevato. Dipende dalle categorie. In alcune non è indispensabile avere prezzi alti, in altre – dove la materia prima incide di più – la strada sarà diversa.

Mi pare che il tema cruciale sia quello dei valori all’origine della ricerca.

Esattamente. L’obiettivo è offrire prodotti di qualità, all’insegna della trasparenza, dell’attenzione al cliente e del giusto valore dei prodotti. Bisogna creare fiducia nei consumatori: è molto più importante della guerra sui prezzi. Che esiste ed esisterà sempre, intendiamoci. Ma noi vogliamo trasmettere i nostri valori ai clienti, e questo vale per la Mdd ma anche per l’Idm. Anche tra le marche industriali ci sono fior fior di aziende in linea con il nostro approccio e la nostra filosofia.

Ad oggi quante referenze a marchio Gastronauta ci sono?

Circa 90, puntiamo a fine 2022 ad arrivare a 300-400 e poi, nel giro di qualche anno, a superare il migliaio. Deve essere un processo lento e ‘su misura’, perché non si possono semplicemente replicare le esperienze del passato. Sarebbe troppo comodo.

Quali sono i primi riscontri sulla linea?

Su alcune categorie abbiamo risultati al di là di qualsiasi aspettativa. Segno che non ci sono differenze ‘antropologiche’ tra clienti del Nord, del Centro e del Sud. I mercati sono ancora diversi, ma non così diversi come qualcuno vuole far credere. Insomma, non è più come una volta, quando certi prodotti funzionavano e altri per niente. La regola fondamentale è sperimentare.

Come nasce il prodotto?

Nella maggior parte dei casi, è il distributore che va a cercare il fornitore. Prima di tutto bisogna stabilire la tipologia di prodotto, i volumi richiesti e il posizionamento di prezzo, nella maniera più trasparente possibile. Solo così si riesce ad avere chiaro il margine dell’uno e dell’altro.

Poi cosa succede?

A quel punto inizia una partnership vera e propria, in cui il distributore non può disinteressarsi di quel che accade. Per esempio, se si verifica un rincaro notevole delle materie prime, il retailer non può far finta di niente. Anche perché l’obiettivo di entrambi è vendere di più. Del resto, siamo in una supply chain di filiera integrata; c’è sempre una parte iniziale di ‘fidanzamento’, in cui si prendono le misure e ci si può mettere d’accordo. In quel frangente si valuta se ci sono i presupposti per un matrimonio, che può essere molto duraturo.

Come potremmo definire in sintesi la mission del Gastronauta?

Recuperare il valore delle categorie senza perdere la capacità di attrazione. E senza aumentare i prezzi in maniera spropositata. Una marca privata con valori percepiti e riconoscibili, e con prodotti che hanno una storia da raccontare, è un elemento decisivo per raggiungere questo obiettivo.

Ultima domanda: avete pensato anche a un temporary store?

Per il 2022 potrebbe essere un progetto interessante. Per lo scorso anno era chiaramente prematuro, dato che è necessario avere un bouquet di referenze che renda possibile questo passo. Resta il fatto che il temporary sia un modo intelligente per rafforzare il brand, in linea con un posizionamento alto di gamma e con quello che fanno i competitor.

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