La Ue contro gli alcolici. Sarà vero?

La Commissione anticancro del Parlamento europeo approva una risoluzione che condanna il consumo di vino, birra e spirits. E tutti si stracciano le vesti. Ma si tratta di un parere non vincolante. E che divide la comunità scientifica.

Di Tommaso Farina

Il vino può provocare il cancro. E non importa quanto frequentemente sia consumato. Così parlò l’Europa. Proprio il 9 dicembre, la Commissione straordinaria contro il cancro del Parlamento europeo (Beca) ha difatti approvato una “risoluzione non vincolante” che statuirebbe proprio questo. “Non esiste un livello sicuro di consumo di alcol e se ne dovrebbe tenere conto nel progettare le politiche di prevenzione Ue contro i tumori”: questa la lapidaria conclusione della Commissione, che, giova ricordarlo, è composta da semplici deputati.

Oltretutto, i lavori della Commissione, anche prima dell’approvazione della risoluzione (che, ricordiamolo, è “non vincolante”), erano stati oggetto di un lungo dibattito. Sembra infatti che l’unica fonte scientifica delle conclusioni istituzionali fosse uno studio, basato su una monografia dell’Organizzazione mondiale della sanità e pubblicato su The Lancet nel 2018, che ha prestato il fianco a svariate critiche da parte della comunità scientifica in quanto non prenderebbe in considerazione lo stile di vita complessivo e non presenterebbe tutte le evidenze scientifiche esistenti.

L’approvazione della risoluzione fa seguito a un paio di giorni di polemiche, sicuramente motivate anche se troppo spesso gonfiate ed esagerate oltre misura. Qualche giornale italiano, con un pressapochismo eccessivo, ha perfino ipotizzato che la Ue volesse “vietare vino e birra”. Naturalmente, non si tratta di niente del genere. Semmai, i burocrati della Beca hanno provato a suggerire alcune linee guida, abbastanza draconiane, picchiando duro unicamente sulle criticità salutistiche delle bevande alcoliche. Ciò ha portato a ipotizzare le più disparate soluzioni che farebbero seguito a un responso così negativo. Si è parlato di etichette dissuasive: sarebbe curioso appurare cosa ci disegnerebbero sopra, dato che la fantasia al potere dei creatori delle analoghe fascette delle sigarette ha raggiunto livelli di sadismo difficilmente eguagliabili. E in ogni caso, non sono stati certo gli avvisi sui pacchetti a far calare i consumi di tabacco. Problematica, poi, l’ipotesi ventilata di regolamentare la pubblicità di certe bevande fino a farla praticamente sparire, ancora una volta come nel caso delle sigarette. E poi, un altro capitolo è quello rappresentato dalle sponsorizzazioni: niente più squadre di calcio con il logo della birra sulla maglietta, sarebbe proibito.

Queste naturalmente sono soltanto ipotesi, balenate nella testa dei più pessimisti. Ma sappiamo tutti che a volte la realtà supera la fantasia. E difatti, un’ipotesi che circola è quella di istituire tasse maggiorate sui beveraggi contenenti alcool. Si sa, quando si tratta di tassare e gabellare, le autorità sia nazionali che sovranazionali vanno al settimo cielo. Ecco: abbiamo visto qual è lo scenario peggiore, nonché le possibili conseguenze, ossia una crisi del settore, che secondo i profeti di sventura avrebbe un durissimo contraccolpo. Può darsi, ma può darsi anche di no. Appunto: è tutto un “può darsi”. Anzi: per ora, di definitivo non c’è proprio niente. Una serie infinita di speculazioni, che non portano certo tranquillità. La risoluzione della Commissione Beca, diciamolo ancora, è “non vincolante”. È semplicemente un orientamento, un’indicazione, un suggerimento. Oltretutto, sulla base di uno studio che non ha consenso unanime.

Come la questione del vino dealcolato, venuta alla ribalta mesi fa: si trattava solo di un’indagine conoscitiva, una proiezione per vedere quale potesse essere la collocazione ipotetica, anche giurisprudenziale, di un vino a cui l’alcool fosse almeno in parte tolto. Quindi no: per ora niente etichette horror, niente gabelle antibevuta, niente bando alle réclame. E ovviamente, nessun divieto alla vendita di vini, birre, Cognac o che altro. Proviamo a non diventare cinture nere di fasciatura della testa (che non è rotta).

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