Concorso in diffamazione ai danni di un manager Coop. Invito a comparire per Caprotti

2015-07-21T16:05:42+02:0021 Luglio 2015 - 11:49|Categorie: Retail|Tag: , , , , , |

Milano – Bernardo Caprotti (nella foto) ha ricevuto ieri un invito a comparire, presso la Procura di Milano. Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, l’ipotesi di reato per il patron di Esselunga sarebbe di ricettazione e concorso in diffamazione nei confronti di Daniele Ferrè, attualmente vice presidente di Coop Lombardia. In una dichiarazione rilasciata al Corriere, l’avvocato di Caprotti, Ermenegildo Costabile parla di un equivoco facilmente chiaribile con il Pm. La vicenda si riferisce ad alcuni articoli, pubblicati a gennaio 2010 su Libero, in cui si sosteneva l’esistenza di un sistema di controllo e spionaggio dei lavoratori di un punto vendita Coop di Vigevano, disposto da Daniele Ferrè, allora direttore affari generali. Il materiale sulle presunte intercettazioni illegali era stato fornito a Maurizio Belpietro (ai tempi dei fatti direttore di Panorama) da Fabio Quarta e Gianluca Migliorati, titolari di una società di sicurezza privata. I due sono stati in seguito assunti da Esselunga, per l’attività di vigilanza in alcuni punti vendita: una commessa durata quattro anni, per un fatturato totale di circa 2,4 milioni di euro. Caprotti, nell’udienza dello scorso 6 marzo per il processo a carico dei due imprenditori, aveva dichiarato di non conoscere l’esistenza delle intercettazioni illegali, ma di essere al corrente di un’inchiesta giornalista su alcune attività di Coop, e di aver assunto Quarta e Migliorati, su richiesta di Belpietro. La vicenda ha già portato a una condanna in primo grado, presso il Tribunale civile, a carico di Libero, condannato a pagare 100mila euro a Ferrè per diffamazione. Sotto il profilo penale, Ferrè è stato interamente assolto dalle accuse e il giudice ha richiesto che Quarta e Migliorati fossero accusati per calunnia, nei suoi confronti. Il processo dovrebbe chiudersi a ottobre e per i due imputati è stata chiesta una pena di quattro anni.

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