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La scomparsa di Calisto Tanzi (Parmalat). Il commento di Angelo Frigerio

2022-01-07T12:14:40+02:003 Gennaio 2022 - 08:42|Categorie: Formaggi, in evidenza, Mercato|Tag: , |

Parma – Il 1° gennaio, in un ospedale di Parma, è morto Calisto Tanzi. L’ex patron di Parmalat aveva 83 anni. Da un piccolo salumificio di Collecchio, in provincia di Parma, aveva scalato i ripidi gradini del successo fino a portare la sua Parmalat in vetta alle classifiche del mondo lattiero-caseario. Fino al 2003, l’anno del crac, che coinvolge 80mila fra obbligazionisti e azionisti per un buco da 14 miliardi di euro. Quando fallì, la società aveva 130 stabilimenti sparsi per il mondo, sei miliardi di fatturato e 36mila dipendenti. Dopo interminabili processi Tanzi venne condannato a 17 anni di carcere.

 

Il commento

Non voglio qui fare la storia di una vicenda che ha occupato e occupa le pagine dei giornali oltre che dei siti online. Mi preme invece sottolineare il ruolo di tre attori che, in questa vicenda, non hanno pagato dazio: la politica, le società di rating  e le banche. La prima lo ha vezzeggiato e cullato quando Parmalat era una multinazionale riconosciuta e affermata. Sto parlando della sinistra Dc di De Mita, tanto amata da Scalfari e dalla sua Repubblica. Nel 1986 Tanzi rileva I Viaggi del sestante del gruppo Cit, un carrozzone di Stato, da sempre in rosso, di cui bisognava liberarsene. E chi c’era a capo della Cit? Un certo Stefano dalla Pietra, figlio di un albergatore di Maiori, proprietario dell’hotel presso cui De Mita trascorreva le vacanze. Interessante poi la storia dello stabilimento Mr Day, le merendine di Parmalat. Una volta lanciato il marchio, bisognava costruire un nuovo sito produttivo. E dove lo va a posizionare il buon Tanzi? Proprio a Nusco, guarda caso il paese di De Mita.

Ma non è finita qui. Tanzi aveva bisogno della politica. Occorreva varare una norma che gli permettesse di poter vendere il suo latte a lunga conservazione accanto a quello fresco. Cosa che puntualmente accadde. Oppure ancora quando qualcuno gli chiese di acquistare Odeon Tv per contrastare quell’emergente Silvio Berlusconi tanto legato a Bettino Craxi. Indovinate chi? Fu l’inizio della discesa.

L’altro convitato di pietra al triste banchetto Parmalat sono le società di rating. Fino al 2003 tutte, tranne Merril Linch, garantivano che la società era in buona salute. La stragrande maggioranza consigliava ‘sell’ ai risparmiatori. Per non parlare delle banche che, attraverso i loro dipendenti, sollecitavano l’acquisto di azioni Parmalat in quanto “sicurissime”. Anche il mio povero papà, seguendo il consiglio di un funzionario del Banco Desio e Brianza, le acquistò. Pochi mesi prima del dissesto, però, le vendette. Gli avevo chiesto di farmi un prestito per comprare casa. Poteva essere anche lui fra gli 80mila che persero tutto. Una folla di piccoli, medi e grandi risparmiatori che ancora aspettano di poter riavere indietro almeno parte dei soldi. Speranza vana. Rinvii e cambi dei giudici per incompatibilità ha portato il processo nelle secche. E il 2022, con la potenziale prescrizione, è già iniziato. Alla fine chi ha pagato veramente è stato Calisto Tanzi. Ma i complici, e sono tanti, sono ancora a piede libero.

Da ultimo vale la pena di aggiungere che il salvataggio dell’azienda ha due precisi protagonisti: il commisario Enrico Bondi con il suo team e Lactalis. Che sono riusciti a ‘sistemare’ Parmalat e gran parte dei suoi dipendenti. Da tenere presente quando si parla di multinazionali.

 

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