Bologna – Nel 2024, in Italia, l’olio extravergine di oliva ha messo a segno un incremento medio dei prezzi del 30%. La principale causa resta il calo produttivo. In Italia, infatti, sono 1,14 milioni gli ettari dedicati alla coltivazione di olivi, confermando l’Italia tra i principali produttori di olio d’oliva a livello globale. Tuttavia, a causa soprattutto dei cambiamenti climatici, il settore sconta un calo produttivo che ha visto ridursi l’offerta nazionale di olio d’oliva in maniera progressiva: nell’ultimo decennio, infatti, la produzione non ha mai superato le 370mila tonnellate, rispetto alle oltre 560mila tonnellate di media ottenute tra il 2000 e il 2013. I dati sono stati riferiti da Nomisma all’interno di uno studio della filiera dell’olio di oliva realizzato in occasione della prima edizione della fiera Sol2Expo (Veronafiere, 2-4 marzo – leggi qui -). Nonostante il calo, tuttavia, la qualità e la sostenibilità dei prodotti resta alta: oggi la produzione di oli Dop e Igp pesa per il 6% su quella nazionale (contro il 2% di 10 anni fa) e le superfici coltivate secondo il metodo biologico incidono per il 24% contro il 15% del 2013. La qualità del prodotto incide sull’andamento positivo dell’export. L’olio evo italiano oggi raggiunge 160 Paesi: Usa, Germania, Francia, Canada e Giappone concentrano il 60% delle esportazioni italiane di olio evo (gli Usa assorbano circa un terzo dell’olio evo italiano esportato).
Oltre all’analisi di mercato, Nomisma ha realizzato anche un’indagine sui consumatori italiani volta a comprendere opinioni e comportamenti. Ne è emerso che il principale criterio di scelta che porta i responsabili di acquisto a scegliere l’olio evo è per i suoi effetti benefici sulla salute. Nel momento dell’acquisto, inoltre, il consumatore guarda innanzitutto l’origine e, a seguire, il prezzo e la fedeltà alla marca.