Quando il lavoro è donna

2021-10-15T15:11:47+01:0015 Ottobre 2021 - 15:11|Categorie: Editoriali del direttore|Tag: , |

Parliamoci chiaro: tra le imprese più colpite dal Covid ci sono state quelle ad alta occupazione femminile (nel 2020 su quattro posti di lavoro persi, tre sono stati persi da donne) e giovanile, come l’ospitalità e il turismo. Oggi pare ci sia una ripresa del lavoro. Speriamo che la ripartenza dell’economia possa compensare almeno un po’ coloro che, nel nostro Paese, hanno vita più difficile nel mercato del lavoro: le donne.

Come racconta il Sussidiario, sono tante le ragioni di queste difficoltà, dalla mancanza di servizi per l’infanzia (gli asili nidi pubblici e privati riescono ad accogliere il 24-25% dei bimbi); all’impegno per la cura degli anziani perlopiù sulle loro spalle; alla rigidità dell’organizzazione del lavoro che non facilita la conciliazione con i tempi della vita privata. E, non ultimo, un problema di cultura aziendale che ritiene la produttività figlia del fatto che i lavoratori concepiscano la propria vita in funzione del lavoro e quindi il meno possibile ‘distratta’ da altri interessi e legami.

Eppure l’esperienza vissuta e la ricerca dimostrano che, a certe condizioni, le donne lavoratrici, che hanno famiglia, sono mediamente più efficienti nella loro professione delle altre. Lo posso testimoniare di persona. In Edizioni Turbo la stragrande maggioranza dei dipendenti è donna. Da Elisa, la più piccola, che, poverina, fa la mia assistente ad Irene, le due Federiche, Rachele, Ambra, Margherita, Annalisa, Manuela e Marina per citare le senior, sino alle giovanissime new entry. Alcune di loro le ho viste piccole, quando hanno mosso i primi passi nel mondo del lavoro. Mi ricordo Ambra che voleva fare la grafica. Partecipò a un corso che avevo organizzato. Mi piacque il suo approccio al lavoro, è con me da circa 20 anni. Come posso dimenticare Veronica? Iniziò a lavorare quando aveva 15 anni. Oggi ne ha 39. Un marito e tre figli. Era in segreteria. Me l’hanno ‘rubata’ i miei figli. Lavora da loro da due anni. Non so se ci rimpiange…

In molte, le sposate, nel corso degli anni, hanno bussato alla mia porta: “Direttore, posso? Le devo dire una cosa”. Rosse in volto, un po’ impacciate. Non le lasciavo finire: “So cosa mi devi dire, aspetti un bambino…”. E loro, con un sorriso grande: “Sì, ma è un problema per il lavoro?”. “No, è la cosa più bella del mondo”. Scattava l’abbraccio.

Ma non ci sono solo loro. Ci sono quelle che hanno vissuto in azienda un certo periodo e poi hanno fatto altre scelte. Come Ambra Busato che è stata mia assistente per due anni e poi è andata in Svezia a lavorare. Quando torna in Italia passa da noi. Ed è sempre una festa. O come Sabina. Una ragazza nativa del Ghana che arrivò in azienda dopo uno stage da Mc Donald’s. Rimase in Edizioni Turbo per due anni circa poi si sposò e ora vive a Parigi. L’abbiamo rivista di recente. E’ venuta con il suo bambino e suo marito. Tutta contenta.

Ma torniamo alle mamme in azienda. Una ricerca condotta da Matthias Krapf dell’Università di Zurigo, Heinrich Ursprung dell’Università di Costanza e Christian Zimmermann della Federal Reserve Bank di Saint Louis nel 2016, ha mostrato che nell’arco di 30 anni di carriera, le donne con figli sorpassano in tutti i parametri le colleghe che non ne hanno avuti. Infatti, se nel breve periodo le mamme hanno una percentuale di perdita di produttività di circa l’11% per ciascun figlio nell’età puberale, così due figli comportano un declino del 22% e tre del 33%, nel lungo periodo le mamme addestrate negli anni precedenti a svolgere diverse mansioni, all’efficienza organizzativa e alla velocità di esecuzione di più attività migliorano anche il risultato sul lavoro.

Ancora, conferma il dottor Heejung Chung, sociologo dell’Università del Kent, con uno studio condotto su oltre 10mila economisti che lavorano in accademia, ha dimostrato che, in media, la produttività delle donne che hanno almeno un figlio è più alta rispetto a quella delle donne che non sono madri. Lo stesso studioso ha dimostrato che il fatto di doversi prendere cura dei figli fa sì che le capacità manageriali vengano incrementate, insieme all’abilità di risolvere conflitti sul posto di lavoro. Le madri, inoltre, sanno gestire molto meglio il tempo, riescono a mantenere più a lungo la concentrazione e sono più attente alle scadenze.

Ci sono imprenditori e manager che ‘consigliano’ alle donne di non sposarsi o di non fare figli, o che fanno mobbing morbido quando le donne tornano dopo la maternità. Di più, che le estromettono dai progetti importanti o le fanno lavorare fino alle 11 di sera in studi professionali, incuranti dei loro impegni famigliari. Forse dovrebbero porsi più di una domanda.

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