Report attacca il Consorzio del Prosciutto di Parma. Il commento di Angelo Frigerio

2023-05-30T14:18:05+02:0030 Maggio 2023 - 12:22|Categorie: Carni, in evidenza, Salumi|Tag: |

Roma – Report va all’attacco dei salumi italiani, in particolare del Prosciutto di Parma. Con il suo tipico approccio inquisitorio, tra immagini rubate e ‘pentiti’ con voce camuffata, la trasmissione di Rai Tre condotta da Sigfrido Ranucci ha dedicato la puntata di ieri ad alcuni allevamenti di suini destinati alla nota Dop. Il titolo dell’inchiesta realizzata da Giulia Innocenzi, autrice di Tritacarne (2016), libro contro gli allevamenti intensivi, fa capire subito il taglio: “Che porci!”. Ebbene, la trasmissione ruota attorno a quattro situazioni oggettivamente gravi, tra Cremona, Modena, Brescia e Mantova. Tramite i video dell’associazione Last chance for animals, forniti a Report, vengono mostrati allevamenti intensivi con suini maltrattati, capi malati, carcasse ammassate, maiali che mangiano le orecchie e le code degli altri e, in un caso, anche topi che si aggirano all’interno della struttura. Tutto questo sarebbe possibile, secondo l’inchiesta, grazie alla connivenza dell’ente di controllo Csqa. Che avrebbe derubricato una serie di violazioni gravi a lievi, per evitare di creare problemi, in un clima di sudditanza del controllore verso il controllato.

Il commento di Angelo Frigerio

Ora, che ci siano problemi è un dato di fatto. Però questi problemi vanno anche contestualizzati: stiamo infatti parlando di quattro casi critici su oltre 3.600 allevamenti da cui proviene la materia prima per il Prosciutto di Parma. Ce ne sono altri? Potrebbe anche essere. Ci sono state pressioni sul Csqa? Magari sì, data la sproporzione tra irregolarità (peccati spesso veniali) e sanzioni (4mila euro). Basta questo per gettare fango sulla Dop? Assolutamente no. Tanto più in un momento di mercato complesso per il Prosciutto di Parma, con il notevole rialzo del costo della materia prima, i rincari energetici dello scorso anno e l’inflazione elevata che pesa sulle vendite. Ricordiamo a tutti che si tratta di una filiera con 50mila occupati, di cui 3mila addetti nella provincia di Parma e un valore al consumo di 1,6 miliardi di euro. Sparare a zero sulla reputazione del prodotto, come fa Report, vuol dire denigrare un segmento strategico per l’alimentare italiano. Un settore che, oltre ai problemi degli allevamenti intensivi (pur importanti), ha di fronte un gigantesco potenziale pericolo di ben altre dimensioni: la Peste suina africana. Per ora ci sono focolai soprattutto in Piemonte e Liguria, ma qualora si riscontrassero carcasse positive nella zona di produzione del Parma sarebbe un disastro epocale per i salumi made in Italy. Non possiamo poi dimenticare il nuovo disciplinare, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale europea in marzo. Tra le novità, ci sono modifiche che riguardano la genetica, l’alimentazione e il benessere animale. Insomma, un conto è sostenere che ci siano allevatori disonesti e individuare le falle del sistema; altra faccenda è alludere agli allevamenti degli orrori come il vero volto del Prosciutto di Parma.

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