Milano – Ieri è stato approvato il testo normativo che disciplina l’uso dei nomi carnei su prodotti a base di proteine vegetali, ponendo un chiaro divieto al fenomeno del meat sounding. La norma è contenuta nella medesima legge che vieta la produzione e commercializzazione in Italia della carne coltivata.
“E’ bene che il Parlamento abbia approvato tale norma che vieta l’uso di nomi carnei sui prodotti che la carne non la contengono”, commenta Davide Calderone, direttore di Assica. “Si tratta di una conquista culturale e di buon senso per la corretta concorrenza tra operatori del settore alimentare. Ora la norma andrà prontamente attuata per dare concretezza ai giusti principi che contiene”.
Il testo approvato infatti prevede l’emanazione di un decreto del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (Masaf) per l’individuazione delle denominazioni carnee da non utilizzare su prodotti a base vegetale. La disciplina adottata dall’Italia non è la prima nel panorama mondiale: già Francia e Sud Africa hanno approvato previsioni esplicite in proposito. In sede Ue invece ci furono tentativi passati di disciplinare la materia in maniera analoga a quanto si fece per il latte e i suoi derivati, ma senza che le proposte riuscissero ad approdare a rango normativo.
L’intervento, spiega una nota di Assica, si è reso necessario per tutelare la storicità produttiva di un’intera filiera: come esplicitato dai Deputati sostenitori dell’iniziativa, “le parole hanno un peso” e in questo caso il peso deriva dalla grande portata di storia, tradizione e manodopera esperta, specializzata, che è coinvolta dalla filiera zootecnica ad ogni livello. Un impatto anche sociale che è molto diverso nelle produzioni plant based e che i promotori della norma ritengono corretto mantenere distinto.
“Ci teniamo a ringraziare particolarmente il vice presidente del Senato on.le Gian Marco Centinaio e il Presidente della Commissione Agricoltura della Camera on.le Mirco Carloni il cui impegno e attenzione al dossier sono risultati chiave per il successo dell’iniziativa e la soddisfazione dei settori direttamente tutelati dalla norma”, dichiara Davide Calderone.
“Sinceramente – prosegue Calderone – non capiamo perché i prodotti cosiddetti plant based, che ci tengono tanto a distinguersi comunicando di posizionarsi su un livello superiore alla carne per dieta, valori nutrizionali, persino impatto ambientale, finiscano sempre per proporsi al pubblico con i nomi dei prodotti da cui prendono le distanze. In molti casi questi prodotti vegetali rappresentano espressione di forte innovazione nel settore del food, ma riteniamo ingiustificato e inspiegabile che tali prodotti a base vegetale continuino a sfruttare la rinomanza e la reputazione di prodotti carnei che tentano di imitare nell’aspetto. Siamo lieti che questa norma, finalmente, faccia chiarezza su cosa è corretto comunicare e cosa no”.
“Ora il nostro obiettivo è andare in Europa per chiedere che anche l’Ue si doti di una disciplina sulla materia, in maniera analoga a quanto già avvenuto per il settore del latte”, continua Calderone. “Le norme sul food devono essere comuni in tutto il mercato unico”.