Di Angelo Frigerio
Parma – Paolo Tanara ha ricoperto la carica di presidente del Consorzio di tutela del Prosciutto di Parma da 2010 al 2016 e oggi è membro del Consiglio di Amministrazione. Dal suo palcoscenico ideale spiega qual è oggi la situazione di uno fra i prodotti Dop più conosciuti al mondo.
Paolo Tramelli, direttore marketing del Consorzio, ha sottolineato di recente (leggi qui) le performance del Parma venduto in vaschetta. Pensi positivo anche tu?
Sicuramente i dati delle vendite di giugno sono incoraggianti. E smentiscono le cassandre che parlano di un prodotto in rotta di collisione. Però occorre prestare molta attenzione alle dinamiche di mercato.
Cosa vuol dire?
Sto parlando dei prezzi della coscia. Oggi siamo ad un valore di 5,70 euro a bollettino e lo vogliono portare a 6 euro. Ma sul prezzo, bisogna considerare che, oltre al prezzo CUN, si paga un premio di selezione per la qualità migliore. Oggettivamente è molto alto. Un dato che purtroppo non viene recepito al sell in.
Troviamo però dei ‘Parma 18 mesi’ venduti a 44,90 euro al chilo al banco taglio. La forbice mi sembra elevata.
Lo hai detto tu. In effetti c’è una sproporzione fra il sell in e il sell out. Certo c’è una componente di servizio, come il numero degli addetti al banco, che, in alcuni casi, potrebbe giustificare un valore così alto. Ma in molte catene non è così…
Ritornando ai prezzi della coscia. Come si giustificano questi valori?
Semplice: dalla mancanza di materia prima. Non ci sono più i maiali di una volta, sia in quantità sia in qualità. Lo scorso anno sono stati prodotti sette milioni di prosciutti. Forse troppo pochi. Il numero ideale si assesta intorno agli otto/nove milioni. Adesso poi c’è il problema del caldo: i maiali mangiano meno e bevono di più. La situazione si dovrebbe risistemare in autunno. Almeno, spero.