Aziende, fondi, territorio. I soldi non sono tutto

2023-03-20T10:25:35+02:0020 Marzo 2023 - 10:25|Categorie: Editoriali del direttore, Mercato|Tag: , , , |

Questa volta l’editoriale lo scrive un altro: Giulio Gherri. Un capitano coraggioso, insieme ai suoi fratelli, che non ha voluto cedere alle sirene di chi voleva acquistare il suo Gruppo Parmafood. Spiega il perché in questa lettera. Che tutti dovrebbero leggere.

Traggo spunto dalla lettura di un articolo (Stellantis stanga operai e fornitori italiani, La Verità, 11 febbraio 2023) per condividere una serie di riflessioni che desidero condividere in merito all’importanza di mantenere nell’ambito italiano la proprietà e gestione delle nostre aziende.

Il passaggio sempre più frequente della proprietà e gestione delle nostre aziende italiane a fondi di investimento o gruppi stranieri e la contestuale sostituzione di amministratori italiani delle aziende stesse con manager che conducono le aziende in questione con un obiettivo di breve termine (spesso massimo di cinque anni) per poi finalizzare il tutto ad un’ulteriore cessione, stanno originando una problematica che ritengo sia fortemente sottovalutata e fonte di rischi di carattere economico e sociale.

La nostra imprenditoria italiana, caratterizzata spesso da dimensioni medio piccole e da storie di imprese famigliari e generazionali, sta vivendo un momento molto delicato. La situazione di grande incertezza economica in termini di controllo dei costi di produzione, di ricavi e consumi altalenanti e di difficoltà a gestire gli ambiti legati all’inflazione e al costo del denaro, sta spingendo molti imprenditori a ritenere che il cedere la propria azienda a fondi di investimento o gruppi molto più grandi possa essere la soluzione a quello che spesso coincide anche con l’incertezza del ricambio generazionale.

Sotto un aspetto prettamente economico ed individuale questa soluzione può apparire ‘un affare’, in quanto le proposte di acquisti di pacchetti azionari avvengono a multipli anche a due cifre percentuali dell’Ebitda, e quindi fanno affermare a qualcuno “sistemo due generazioni con quello che realizzo”. Al contempo, ciò ha una grande ricaduta negativa dal mio punto di vista, per ciò che oggi un’impresa di proprietà e gestione italiana ha nel tessuto sociale della nostra nazione.

Credete che se a capo di un’azienda al posto di un titolare o imprenditore italiano/locale che investe sul territorio in termini di formazione dei giovani, rapporto con il mondo dell’istruzione superiore o universitaria locale, con le associazioni culturali e benefiche con sponsorizzazioni e donazioni, privilegiando i fornitori locali, rendendo pertanto un servizio alla propria comunità, vi fosse una persona o proprietà che sa che tra massimo cinque anni non sarà più a capo di quell’azienda, opererebbe nella medesima ottica di creare un’economia circolare che possa originare benefici a favore del territorio? Non credo proprio!

Ecco perché prendo a prestito quanto il mitico Giampaolo Dallara della Dallara Automobili afferma in termini di “dovere da imprenditore di rendere al proprio territorio ciò che lo stesso mi ha dato in termini di fortuna di operare in quell’ambito” (e la cosa nel mio caso specifico dell’alimentare vale tantissimo, se lo calo nel mondo del food e di Parma). Parliamo spesso di sostenibilità e questo termine oltre all’ambito ambientale ha sempre più una valenza economica e sociale che implica il valorizzare le opportunità di equa realizzazione e crescita delle persone e delle aziende del territorio ove tutti gli attori della filiera (che siano portatori di capitale o di forza lavoro) debbono ricevere una giusta remunerazione. Non credo che se vediamo come un successo il progressivo passaggio delle aziende italiane agli stranieri stiamo operando in modo sostenibile da cittadini, imprenditori, e soprattutto genitori.

Termino affermando il mio orgoglio di continuare a credere nel progetto di crescita e sviluppo che stiamo portando avanti, dove la presenza di tanti giovani intorno a me è lo stimolo quotidiano a cercare di creare opportunità di crescita per i miei ragazzi, per il mio territorio e per la mia nazione. Ciò a discapito del canto delle sirene economiche che continuamente mi circondano. Mi auguro che il presente messaggio arrivi a più persone possibili: se ciascuno di noi si impegna per difendere le proprie origini e legami con il territorio, possiamo veramente costruire una società migliore e dove la soluzione per le nuove generazioni non sia quella di andare all’estero in quanto possono trovare ‘a casa’ ma non sul divano (vedi reddito di cittadinanza) il luogo dove realizzare i propri sogni umani e professionali.

Giulio Gherri

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