Di Giulio e Luigi Rubinelli
I prodotti cosiddetti ‘sostitutivi’ di origine vegetale (si spera ancora per poco, avendo ormai una presa ferma e crescente su un ampio segmento del mercato) devono imperterriti rispondere a un dubbio fondamentale del pubblico italiano: “Ma sono buoni (intendendo “buoni come il prodotto tradizionale”)?” Già, perché Valsoia rispolvera l’annosa questione: ciò che comunemente si intende per ‘sano’, spesso non è comunemente riconosciuto come ‘buono (cioè intriso di grassi, conservanti e zuccheri), oltre a venire spesso scambiato per “’saporito’, che è tutto un altro paio di maniche. La risposta di Valsoia è sì: si può. (Clicca qui per vedere il video)
Obiettivo della comunicazione
Rinforzare la consapevolezza che il binomio di bontà e salute funziona e trova riscontro nei prodotti Valsoia. Per raggiungere questo obiettivo, il brand si affida a immagini forse un po’ generiche, interscambiabili con una Mulino Bianco qualsiasi, perdendo terreno su un’efficacia che, invece, era a portata di mano.
Coerenza strategica con il brand
Valsoia ha da sempre un’estetica riconoscibile e utilizza una comunicazione semplice e diretta. In questo caso addirittura sceglie di affidarsi alla matematica: Bontà+Salute=Valsoia. Più coerente di così. Non è invece chiaro perché affidi l’immagine pubblicitaria necessariamente a una coppia tradizionale di Millennials in stile Barilla: giocando su un altro terreno e rivolgendosi a un segmento preciso avrebbe potuto muoversi con più coraggio.
Rilevanza della promessa
La promessa è certamente distintiva, lo abbiamo detto: “C’è una terza via, che non scende a compromessi”. Occorre specificare che si tratta di uno statement strettamente rivolto ad un pubblico generalista che ancora deve prendere dimestichezza con questo genere di prodotti.
Se guardiamo all’estero, ad esempio, possiamo notare una netta differenza tra questo genere di spot di stampo educational e un brand come Oatly, che debuttò sul mercato con il claim ‘It’s like milk, but made for humans’ (È come il latte, ma per gli umani), che le valse una sequela di denunce in una dozzina di paesi. Oggi Oatly, nei paesi anglosassoni, è leader di settore. Ecco, se Valsoia osasse qualcosina di più, fidelizzando il suo segmento e compattando la community sotto una comunicazione decisa, forse la promessa risulterebbe infinitamente più rilevante.
Coerenza del tono di voce vs target
È la GenZ in primis ad avere un’attenzione di consumo al di fuori delle materie prime cosiddette ‘tradizionali’. Ed è anche la GenZ la grande assente di questo spot, non soltanto sul piano raffigurato, ma anche di risonanza con il tono di voce, troppo classico e mainstream per far breccia su una audience più giovane. Stupirebbe scoprire che al brand non interessi intercettare questo segmento.
Qualità della realizzazione
Un potenziale inespresso, come detto, che scade appena appena nell’anonimato, non osando nulla neanche in fase realizzativa. Coppia bianca, sulla trentina, sorriso trentadue denti, bellissimi, prodotto dal frigo, prodotto, messaggio, prodotto, messaggio. Oltre al copy, lo spot sembra girato da un’intelligenza artificiale. Un’occasione sprecata, a nostro avviso.
Una nota: nel formato da 15 secondi c’è forse un cartello di troppo in chiusura, quello che indica la presenza di “calcio e vitamine”. A fronte di una simile chiarezza di messaggio lo troviamo superfluo: appare quasi come un messaggio subliminale. Calcio e vitamine sono il minimo che ci si possa aspettare da un prodotto salutare, o no?