La finanza Usa abbandona la sostenibilità ma i clienti della Gdo no. Uno studio di Bain spiega il ritardo attuale

2025-03-07T14:15:44+02:0010 Marzo 2025 - 08:35|Categorie: Il Graffio, in evidenza, Mercato, Retail|Tag: , |

Di Luigi Rubinelli

Il servizio per il Cambiamento Climatico di Copernicus  ha conferito al 2024 il primato di anno più caldo mai registrato, ma il mondo finanziario Usa sembra prendere le distanze dal problema del cambiamento climatico.

Anche BlackRock, il più grande gestore patrimoniale al mondo, si defila dall’attivismo sulle politiche climatiche. Il gigante Usa lanciato nel 2021 (con un portafoglio da 11.500 miliardi di  dollari), ha infatti inviato una comunicazione agli investitori istituzionali sull’abbandono della Net Zero Asset Managers, un gruppo di società, riporta il Financial Times, che afferma di perseguire l’obiettivo di emissioni serra nette a zero per il 2050 o prima, formata da un’alleanza globale di società di gestione che lavorano per raggiungere la neutralità carbonica.

In realtà secondo BlackRock, dal momento che due terzi dei suoi clienti globali si sono impegnati ad azzerare le emissioni nette di CO2, l’adesione all’alleanza – lanciata nel 2021 – non è più cruciale. Anzi: “La nostra appartenenza a queste organizzazioni ha causato confusione circa le pratiche di BlackRock e ci ha sottoposti a indagini legali da parte di vari funzionari pubblici,” ha spiegato il vicepresidente, Philipp Hildebrand, in una lettera ai clienti istituzionali riportata dal Financial Times. Il riferimento è ad attacchi legali da parte di una dozzina di stati a guida repubblicana che contestano a banche e gestori patrimoniali violazioni delle leggi antitrust, influenzando lo sviluppo dei combustibili fossili e determinando un aumento dei prezzi.

Negli Stati Uniti, di fronte alle cause legali degli stati, e con le politiche di Trump che incombono, le imprese hanno preferito fare marcia indietro sugli impegni per la de-carbonizzazione. 

Questa è solo dell’ultima defezione da parte dei maggiori investitori della finanza statunitensi: nelle ultime settimane è stata una vera e propria corsa ad abbandonare questi impegni, Il Financial Times rileva come tutte le sei maggiori banche statunitensi – JP Morgan, Citygroup, Bank of of America, Morgan Stanley, Wells Fargo e Goldman Sachs – abbiano deciso di uscire da un gruppo analogo, la Net-Zero Banking Alliance.

Lo studio di Bain

Se questo è il contesto Usa, e ne dobbiamo per forza dare conto, i temi della sostenibilità e dell’ambiente in Italia ancora non hanno risentito del clima e dell’inversione a U americano. Anzi.

Un recente studio di Bain & Company evidenzia come una buona parte delle aziende non accompagni i propri sforzi con target numerici definiti. A rimanere più indietro di tutti è la Gdo specie in riferimento ai temi ambientali e legati alle persone. Per quanto riguarda il livello di maturità complessivo: i settori dell’Arredamento, Drugstore, Libri e Profumerie sono tra i più avanzati, mentre la Gdo risulta indietro, soprattutto su temi ambientali e persone; Ristorazione e Abbigliamento sono settori con posizionamento medio (Nb: la Gdo è l’icona con il cestino).

 

 

I bilanci di sostenibilità (ricordiamo che la maggior parte non sono certificati) riportano una quantità di iniziative che però non sono quantificate in termini di impatto su natura e clima.

 

 

Questo ovviamente non vale per tutti gli ambiti dato che ci sono temi molto sentiti e nei quali le imprese si stanno ponendo obiettivi reali, come l’energia rinnovabile (81%), il packaging compostabile (75%) e le iniziative sulla biodiversità (78%).

 

 

I temi relativi alla sostenibilità sociale e in particolare: le quote rosa tra i livelli alti dell’azienda (41%) o nel Cda (28%) e il divario retributivo (31%) segnano un ritardo del retail sostanziale.

Un altro dato significativo (che riguarda il retail italiano nel suo insieme, molto meno la Gdo classica) riguarda la differenza tra i retailer italiani e i gruppi esteri. Le aziende italiane, pur avendo avviato la transizione verso la sostenibilità, non sono ancora al passo con i modelli di sostenibilità adottati dai gruppi internazionali, che si sono impegnati a integrare l’Esg in modo più strutturato.

“I risultati del nostro studio mostrano come i retailer italiani abbiano iniziato a comprendere l’importanza strategica dell’Esg, ma per colmare i gap attuali è necessario un cambio di passo” dichiara Andrea Petronio, Partner di Bain & Company Italia. “L’integrazione delle emissioni Scope 3, il passaggio a fonti di energia rinnovabile e una maggiore attenzione alla diversità rappresentano leve fondamentali per rispondere alle aspettative di consumatori e investitori.”

Il parere di Alimentando

Donald Trump e le sue politiche a parte, la Gdo farebbe bene ad accelerare su tutti i comparti della sostenibilità, non tanto per le imposizioni di legge, quanto per la maggior sensibilità che le persone (i clienti) stanno avendo sui temi della sostenibilità. Il bilancio obbligatorio è un primo obiettivo che ci auguriamo diventi una prassi e che diventi soprattutto uno strumento per migliorare i rapporti di filiera perché sia il sistema agricolo, sia i trasformatori (dell’industria di marca, Idm, sia i copacker delle Mdd, le marche del distributore) ne hanno un gran bisogno.

L’iniziativa di Todis/Conad (leggi qui), il rating sulla sostenibilità dei fornitori delle Mdd, dimostra che anche i gruppi piccoli o medi (addirittura qui siamo di fronte a un discount evoluto che insegna cosa fare a tutta la Gdo) possono colmare il gap attuale in poco tempo.

 

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