Soriano Calabro (Vv) – L’inchiesta dei pm milanesi Paolo Storari e Sara Ombra sulla curva Nord dell’Inter e i clan calabresi è stata al centro della puntata della trasmissione televisiva ‘Lo stato delle cose’, andata in onda su Rai 3 lo scorso 12 maggio. Massimo Giletti, il conduttore, parla, fra gli altri, di Filippo Monardo, ex consigliere comunale, imprenditore attivo nel settore dolciario e fratello del presidente di Soriano Calabro, la squadra in cui ha giocato Marco Ferdico. Nelle carte dell’ordinanza viene definito come vicinissimo ad Antonio Bellocco. Sia Ferdico che Bellocco sarebbero coinvolti nell’omicidio del capo ultrà Vittorio Boiocchi. Nel corso della trasmissione si parla poi del presunto legame tra la vendita di dolci e altri affari illeciti. Dolciaria Monardo ha deciso di smentire con un comunicato stampa quanto sostenuto da ‘Lo Stato delle cose’. Nella nota si contesta l’attribuzione alla Dolciaria Monardo: “Di fatti gravissimi, falsi e destituiti di ogni fondamento, che non trovano alcun riscontro nell’indagine penale richiamata nella trasmissione, ai quali sono assolutamente estranei, e neppure corrispondenza nei reati per i quali in essa si procede”. Di seguito il comunicato stampa dell’azienda.
“Con riferimento alla trasmissione ‘Lo Stato delle cose’ di lunedì 12 Maggio 2025, il sig. Domenico Monardo e la società Dolciaria Monardo srl hanno dato incarico ai propri legali di perseguire penalmente il conduttore Massimo Giletti, nonché coloro che con lo stesso abbiano concorso, sporgendo querela per l’attribuzione di fatti gravissimi, falsi e destituiti di ogni fondamento, che non trovano alcun riscontro nell’indagine penale richiamata nella trasmissione, ai quali sono assolutamente estranei, e neppure corrispondenza nei reati per i quali in essa si procede. Da vari siti di informazione, risulterebbe che già in un precedente episodio di cronaca nazionale Massimo Giletti aveva pubblicamente esposto accuse, poi dimostratesi false, ad un intero nucleo familiare di persone incensurate per essere componenti di una famiglia mafiosa operante nel Monrealese e per questo condannato a risarcimento. All’epoca dei fatti, nel 2016, nel corso della trasmissione ‘Non è l’Arena’ il conduttore definì i suddetti quali componenti di una omonima famiglia mafiosa “molto pericolosa”, una accusa grave che poi si dimostrò infondata. A cui conseguì una condanna civile del Tribunale di Palermo al risarcimento dei danni per fatti di diffamazione a mezzo sistema televisivo. Sembra che la storia si ripeta. Non si mancherà, inoltre, di agire in ogni altra competente sede per stigmatizzare la persecuzione, su reti del servizio pubblico, di una campagna diffamatoria che contraddice il dovere del giornalista di operare una informazione corretta e la necessità di attenersi sempre al rispetto alla verità, arrecando gratuito nocumento all’azienda ed ai lavoratori in essa impiegati”.