A tutto spot / La Sindrome di Stendhal in una tazzina di caffè: Lavazza lancia una sfida al presente, senza rinnegare il passato

2024-10-09T14:21:37+01:009 Ottobre 2024 - 12:46|Categorie: A tutto Spot, Grocery, in evidenza|Tag: |

Di Giulio e Luigi Rubinelli

A volte ci tocca assistere anche a spot belli, ben pensati, ben realizzati. Magari non innovativi, ma scritti con sentimento. Di certo il salto dai dialoghi in paradiso della Qualità Oro apparterranno ai manuali di storia della pubblicità, ma affrontare le sfide del presente rende merito a un brand che, d’improvviso, esce dalla propria comfort zone. Clicca qui per vedere il video.

Obiettivo della Comunicazione

‘Pleasure makes us human’: vale anche per chi human non lo è né, presumibilmente, lo sarà mai: un robot. WALL-E è un film Pixar del 2008, ma qualcuno in VML deve essere diventato genitore da poco e lo ha scoperto soltanto oggi, perché l’umanità del robottino protagonista dello spot Lavazza ha gli stessi connotati di ingenuità e gentilezza L’obiettivo della comunicazione è chiaro: affrontare i timori di oggi e del futuro con fiducia e con serenità. Godere dei piccoli piaceri della vita, come bere un buon caffè, apparterrà sempre al nostro essere umani. In un periodo di timore verso il rapido progredire delle nuove tecnologie, stabilire un punto di contatto tra noi e l’automazione è uno statement forte per un brand torinesissimo come Lavazza. Eppure ci riesce; e con notevole garbo.

Coerenza strategica con il brand

Cosa può dare Lavazza di più ai suoi consumatori, rispetto ai competitor sul mercato globale? Italianità? Certo più di un marchio il cui nome termina con la Y. Eppure basta? Allora, qualità? Non necessariamente, dato il pricing in linea con altri prodotti sullo scaffale. La risposta di Lavazza sembra essere: un tono di voce, una visione, uno sguardo sul mondo. Lo schema è quello del marketing delle origini, evocativo, di narrazione, quasi da Carosello. E cosi alla coppia Bonolis e Laurenti viene sovrapposto il cast stellare di The Office (versione Usa) che trova l’iconico Steve Carrell e John Krasinski i quali, nonostante la comparsata quasi da cameo, impreziosiscono la cornice con sentimento autentico. L’all-in che il marchio ha operato nello scorso anno sponsorizzando una star del calibro di Sinner, trova certamente riscontro in questo spot sotto il cappello della fiducia nel futuro. Sia esso sportivo come tecnologico.

Rilevanza della promessa

La scena iniziale de La Grande Bellezza sorrentiniana raccontava di un turista asiatico colto da malore nell’osservare Roma dal Fontanone. La cosiddetta Sindrome di Stendhal prende il nome proprio dall’autore francese il quale, nel suo Grand Tour del 1817, scrisse: «Ero giunto a quel livello di emozione dove si incontrano le sensazioni celesti date dalle arti ed i sentimenti appassionati. Uscendo da Santa Croce, ebbi un battito del cuore, la vita per me si era inaridita, camminavo temendo di cadere.» Sono ancora numerosi i casi di visitatori del Bel Paese che vengono colti da vertigini, confusione e allucinazioni, di fronte alla magnificenza del nostro patrimonio.

È il caso anche del nostro robottino che, colto dalla curiosità, incontra il Sogno Italiano in un cortocircuito. Il piacere, nel suo caso, rappresenta la leva narrativa per uscire dalla sua zona di comfort, quella del servizio, e lanciarsi sulla sponda del fruitore. Vale per il robottino, è chiaro, come vale però anche per Lavazza stessa. Una promessa che ha il sapore della scommessa.

Coerenza del tono di voce vs target

Il tono di voce è leggero, gentile. Non potrebbe essere altrimenti. Eppure è tutt’altro che social: la GenZ non conosce The Office e non si riconosce in una narrazione che da per scontata: il robot, in fondo, fa parte del loro presente. Lo spot dunque mira marcatamente al segmento Millennial, anche per la scelta delle reference cinematografiche, oltre che dei testimonial. Si tratta di una scelta precisa che, tuttavia, non lascia deluso nessuno. L’attività del marchio sui social viene relegata alle piattaforme digitali, mentre il segmento colpito rimane quello del best-for-me, sigillando una strategia multi-canale rigida e, fin qui, apparentemente efficace. Il caffè rimane un prodotto fin troppo radicato sui singoli territori per incaponirsi in una comunicazione generalista: la strategia di affrontare i target singolarmente rappresenta una sfida di buon senso per questo momento storico.

Qualità della realizzazione

Lo spot è ben realizzato seppure, come anticipato, non mira a reinventare la ruota. Il distopico gentile appartiene a un filone cinematografico ben collaudato che va da Spike Jonze (‘Her’, 2013) a, appunto, WALL-E (di Andrew Stanton). A una narrazione catastrofista come quella proposta da Black Mirror e che ha dominato l’immaginario dell’ultimo decennio, contrapporre un futuro in chiave umana ha un che di romantico. Lo spot si apre sul punto di vista del robottino che si aggira per le scrivanie di un ufficio (di nuovo, il target GenZ non è nel focus sin dai primi secondi), accompagnato dalle note di Doris Day – forse l’unica nota dolente: si sarebbe potuto e dovuto azzardare di più nella scelta musicale – e cosa vede? un mondo fatato: tutti con la loro tazza di Lavazza in mano, tutti sorridenti, tutti felici. Parentesi: chiederemo al robottino quale ufficio abbia visitato e se accettano candidature. Occhi grandi di stupore, il nostro WALL-E attende la chiusura per gustarsi a sua volta un sorso di caffè. Una goccia gli scivola nei circuiti, il robottino vede l’Italia del boom economico. Sarà mica che il robot stesso rappresenta la GenZ? Stagisti sottopagati che attendono che l’ufficio sia chiuso per godersi un momento di piacere e vengono proiettati nel Paese dei loro nonni? Speculazioni a parte: Viaggio dell’Eroe rispettato, tre atti che non fanno una grinza, qualità digitale degna della migliore Pixar. Sarà costato un bello scherzo al Dottor Lavazza, ma a nostro avviso è valso ogni centesimo.

 

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