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Direttiva emissioni: l’Ue compara gli allevamenti bovini alle industrie inquinanti. Il no dell’Italia

Roma – Il settore bovino è stato inserito nel campo di applicazione della direttiva sulla riduzione delle emissioni industriali. Ieri sera, nel Consiglio dei ministri Ue, è stato raggiunto infatti un accordo di compromesso tra i 27 Paesi. Secondo quanto si apprende da Il Sole 24 Ore, Danimarca, Finlandia, Irlanda, Lussemburgo e Paesi Bassi hanno accettato il compromesso mettendo però a verbale il loro disaccordo rispetto alle soglie per gli allevamenti (gli allevamenti con oltre 150 capi di bovini sarebbero colpiti da una tassazione più elevata e da misure più stringenti). La Bulgaria si è astenuta, la Polonia ha dichiarato che non è disposta ad accettare ulteriori concessioni sull’allevamento e la Francia ha scelto di appoggiare il testo. L’Italia invece si è opposta. “Non possiamo accogliere il testo perchè le soglie per i bovini sono per noi inaccettabili”, ha contestato il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin. “Le soglie indicate per i bovini rischiano di portare alla desertificazione di un settore produttivo primario in Europa”, ha ribadito il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida. “Queste iniziative basate su scelte ideologiche rischiano di portare aumenti dei costi di allevamento, a vantaggio della concorrenza dei Paesi extra-Ue che non avranno gli stessi vincoli”.

Nei giorni scorsi le associazioni agricole del Paese si sono schierate contro la direttiva Ue. Assocarni, in prima linea, aveva fatto sapere come fosse “Inaccettabile che un settore come quello bovino italiano, che presidia il 40% del territorio rurale nazionale, contribuendo a contrastare lo spopolamento e il degrado delle aree interne, possa essere assimilato ad una qualsiasi industria fossile” (leggi qui). Stessa posizione, quella di Confagricoltura, che sottolinea: “Lavoreremo insieme al Parlamento europeo e al Copa Cogeca affinché, nella fase di discussione, riesca a modificare l’orientamento generale e arrivare a una decisione finale favorevole per le imprese e per il settore degli allevamenti”. Anche Coldiretti si è schierata contro la decisione Ue perché “equipara gli allevamenti alle fabbriche spingendoli alla chiusura […], e andando a minare la sovranità alimentare”.

 

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