• Michele Barbetta

L’Aviaria si diffonde nel Nord. Barbetta (Confagricoltura Veneto): “A mali estremi, estremi rimedi”

2025-01-31T12:49:56+02:0031 Gennaio 2025 - 12:48|Categorie: Carni, in evidenza|Tag: , , |

Gli operatori del settore sono preoccupati. Secondo Michele Barbetta, presidente della sezione avicola regionale di Confagricoltura Veneto, servono misure drastiche per fermare la diffusione del contagio.

Di Tommaso Tempesti

Dal 26 dicembre 2024 al 4 gennaio 2025 sono stati accertati 11 focolai di influenza Aviaria negli allevamenti delle province di Mantova e Verona, e in pochi giorni il numero dei casi è salito a 17. La sezione avicola regionale di Confagricoltura Veneto ha seguito molto da vicino l’evolversi della situazione, preoccupata per l’improvvisa concentrazione di contagi in quel territorio. Il presidente Michela Barbetta non ha esitato a parlare di “emergenza”, quando è stata diffusa la notizia. Gli allevatori associati si sono riuniti il 20 gennaio nella sede di Confagricoltura Padova ad Albignasego (Pd) per incontrare gli esperti e le autorità. Il rischio di un’epidemia, infatti, sembra concreto, ma ci sono ancora tante questioni da risolvere se si vuole prevenire il contagio di massa. “C’è preoccupazione”, afferma Barbetta. “Abbiamo esposto il problema alle autorità. Il settore avicolo è un pilastro per l’economia agricola nazionale, con un fatturato di oltre sette miliardi di euro; solo nel Veneto coinvolge quasi 6.300 aziende (dati della Regione Veneto su base Istat), per un fatturato di 700 milioni di euro e una produzione di pollame pari al 30% del totale nazionale. Se il virus si diffondesse, il danno sarebbe enorme”.

L’assessore regionale all’Agricoltura, Federico Caner, ha già scritto al ministro Francesco Lollobrigida per segnalare la situazione in cui versa il settore avicolo, chiedendo al Masaf di attivare le procedure stabilite dal regolamento Ue 1308/2013, che prevedono i ristori per i danni indiretti dovuti al blocco dell’attività imposto dalle autorità sanitarie. Gli indennizzi per i danni diretti, infatti, sono già attivi: “Per ogni capo che viene abbattuto, all’allevatore viene corrisposta una cifra pari al valore dell’animale”, spiega Barbetta. “Il problema sono i danni indiretti, ovvero quelli legati al fermo dell’allevamento, che non sono coperti. Occorre dunque attivare degli indennizzi anche in questo ambito”.

Intanto gli allevatori stanno facendo il possibile per implementare i sistemi di biosicurezza necessari a prevenire la diffusione della malattia. “Come Confagricoltura, siamo i primi a dire che, se un allevatore non rispetta le direttive, deve essere fermato: la negligenza del singolo non deve trasformarsi in una catastrofe per tutti. Tuttavia, le disposizioni attualmente in vigore non sono sufficienti: bisogna trovare qualche altro sistema o cambiare il tipo di approccio”, continua Barbetta. “Io, personalmente, ho avanzato un suggerimento. Se viene confermata la presenza dell’Aviaria all’interno di un allevamento, tutti i capi che ne fanno parte devono essere abbattuti nel giro di pochissimi giorni. Nel frattempo bisogna comunque garantire il funzionamento dei sistemi di ventilazione, ma in questo modo si rischia di diffondere aria infetta nei dintorni, soprattutto quando si parla di grossi stabilimenti. Perché, dunque, continuare a tenere accesi gli impianti di ventilazione? È vero che dobbiamo garantire il benessere degli animali, ma questi verrebbero comunque abbattuti in pochissimo tempo; a mio avviso, la priorità è limitare il più possibile la diffusione dell’infezione. Spegnendo la ventilazione, gli animali morirebbero nel giro di una giornata. Si badi, non lo dico a cuor leggero: sono parole pesanti, ma a mali estremi servono estremi rimedi”.

L’intervista completa sarà pubblicata sul prossimo numero di Carni&Consumi.

Torna in cima