La nuova rotta del cioccolato. E le ripercussioni sul mercato

2025-01-31T12:52:20+01:0031 Gennaio 2025 - 12:52|Categorie: Dolci&Salati, in evidenza|Tag: , , , , , |

Gli investimenti cinesi in Africa hanno mandato in tilt le catene di fornitura mondiali di cacao. E da grande consumatore, il gigante asiatico potrebbe diventare uno dei maggiori produttori. Le aziende occidentali sapranno raccogliere la sfida?

Si prospetta un ISM caldissimo per l’industria mondiale del dolciario, che come ogni anno si riunirà a Colonia in occasione della sua fiera internazionale più importante (2-5 febbraio). Questo è vero soprattutto per i produttori di cioccolato del Vecchio e del Nuovo Mondo, reduci da un anno particolarmente sfidante.

I prezzi del cacao, non è una novità, hanno toccato vette storiche nel 2024, raggiungendo gli 11.241 dollari a New York, con un incremento del 170% circa da inizio anno. Ma quali sono le cause? Certamente la riduzione dell’offerta (-26,8%), a fronte però di una domanda che è rimasta forte. Gli eventi climatici avversi nei grandi Paesi produttori di materia prima – vedi la Costa d’Avorio e il Ghana, che insieme costituiscono circa il 60% della produzione globale di cacao – spiegano però solo una parte del problema. A suonare il campanello d’allarme è Kevin Walmsley, autore del canale YouTube Inside China Business e profondo conoscitore del mercato cinese, che sarebbe appunto protagonista, insieme a Ghana e Costa d’Avorio, di una nuova ‘rotta del cioccolato’.

“A partire dal 2019, questi Paesi hanno collaborato con aziende cinesi per trasformare il cacao localmente e vendere loro i prodotti”, spiega Walmsley. “Tagliando fuori speculatori e trader delle società di intermediazione occidentali e aggirando le aziende di marketing e branding di Stati Uniti e Svizzera, i produttori africani e i loro acquirenti cinesi realizzano profitti molto più elevati”. L’Occidente, in poche parole, è stato tagliato fuori dai giochi. E questo è il risultato di anni di investimenti cinesi in terra africana: vedi i 388 milioni di dollari arrivati in Costa d’Avorio o i 100 milioni stanziati in Ghana per costruire impianti di lavorazione delle fave.

A vincere è la Cina, che avrà una porta d’accesso preferenziale in entrambi i mercati. Cina che registra anche i dati più promettenti sui consumi. “La regione dell’Asia-Pacifico è cresciuta del 7,4% nel 2020 per Barry Callebaut, mentre a livello globale le loro vendite sono diminuite del 2%. Per Lindt, la Cina è cresciuta del 10% nel 2020, ma le vendite complessive sono calate di oltre il 6%”, riporta Walmsley. Ad oggi, i marchi di cioccolato stranieri detengono il 70% del mercato cinese, a fronte del 30% controllato dai produttori nazionali. Una proporzione che potrebbe presto invertirsi. Secondo gli analisti di Bloomberg, nel 2021 il mercato mondiale del cacao era in surplus di oltre 200mila tonnellate. Nel 2022 si è passati a un deficit di 200mila tonnellate. Nel 2024 il deficit ha toccato le 478mila tonnellate nei mercati occidentali.

Cosa fare dunque? Quello che l’Occidente sa fare meglio: aprire nuove vie. Dalle multinazionali alle startup, sono sempre più le aziende che sperimentano per creare un nuovo mercato, quello del ‘cioccolato senza cacao’. Più economico, più sostenibile, sta attirando l’interesse dei grandi fondi d’investimento mondiali. E siamo certi che a ISM debutteranno grandi novità in questo senso. Una ragione in più per credere che la fiera di Colonia sarà anche quest’anno – e forse ancor di più – un banco di prova strategico per delineare il futuro del comparto.

 

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