Santambrogio: “Marca su tre giorni? Decide Adm…”

2025-01-31T11:59:10+01:0031 Gennaio 2025 - 12:30|Categorie: Aperture del venerdì, in evidenza, Retail|Tag: , , , |

I dubbi sulla proposta di estendere la durata della fiera bolognese. Le perplessità sulla divisione per settori. I progetti di sviluppo di VéGé, focalizzati su Mdd, promozioni e servizi. E il piano di espansione al Centro Nord (Aree Nielsen 1 e 3). La parola al manager del gruppo che punta a 20 miliardi di fatturato entro il 2030.

Di Federico Robbe

Alcuni operatori del settore hanno proposto di estendere Marca a tre giorni, cosa ne pensa?

Intanto bisogna sottolineare che Marca è una fiera di Adm (Associazione distribuzione moderna), che ha scelto Bologna Fiere. Pertanto, il compito di come strutturare la manifestazione spetta ad Adm. E il comitato esecutivo non si è ancora riunito dopo la fiera, per cui qualsiasi osservazione in merito (di chiunque) ha carattere strettamente personale. Ciò premesso, la fiera è dedicata alla Marca del distributore, non al retail. E se Adm avesse voluto istituire una manifestazione del genere lo avrebbe già fatto, allargando il campo – per esempio – anche alle attrezzature e su tutto ciò che in qualche modo ‘serve’ i punti vendita. Non a caso i convegni hanno sempre come punto focale la Mdd, e solo come tema ancillare il retail a 360 gradi. Personalmente noto che il secondo giorno nel pomeriggio c’è già aria di ‘dismissione’; quindi ritengo un errore estendere la fiera a tre giorni. Ricordo che il mese di gennaio è un periodo di pianificazione, budget e di operazioni strategiche; è un momento in cui non possiamo stare lontano dalle nostre imprese. Se anche Marca fosse di tre giorni, l’ultimo andrebbe deserto.

Diversi operatori suggeriscono che una divisione per settori faciliterebbe chi visita la fiera, è d’accordo?

No, come è adesso va benissimo. Ci sono settori che attirano di più, altri meno; ritengo che la suddivisione attuale sia equilibrata. Non abbiamo velleità di diventare come altre fiere dell’alimentare in Italia.

VéGé ha un fatturato stimato 2024 di 15,28 miliardi di euro (+10,8%) e punta a 20 miliardi entro il 2030. Recentemente ha dichiarato che il gruppo vorrebbe “integrare una o due aziende medio-grandi all’anno”. Può dirci qualcosa di più?

Il tasso di concentrazione dei primi cinque retailer in Italia è del 57,4%, in Germania è l’83,2%, in Belgio è 79%, in Francia è 73%, in Spagna 65%, in Uk 67%. Dobbiamo adeguarci a queste percentuali? Non è detto. Ma, come ogni settore, anche il retail è destinato a concentrarsi, sia nel sell in (verso i fornitori) che nel sell out. Se gruppi come Selex, Conad, Coop, VéGé non si ingrandiscono ogni anno, la concentrazione non avviene. Per questo ritengo che VéGé sia una possibile ‘casa’ di altre imprese che desiderano cambiare posizionamento e insegna.

Puntate ad alcune aree in particolare?

Siamo molto forti in Sicilia, Campania, Basilicata, Veneto, Sardegna, e altri territori. È chiaro che i luoghi dove vorremmo rafforzarci sono quelli di Area Nielsen 1 e Nielsen 3.

Tra i pilastri della crescita del gruppo ci sono le promozioni: è una strada che ha delle controindicazioni?

Il cliente adora riconoscersi ‘bravo’ quando riesce a trovare un’occasione: pensiamo ai saldi nel non food. Quindi non vedo controindicazioni per il cliente. Ad ogni modo, io non sono ideologicamente contrario all’Everyday low price (Edlp). Ma se funzionasse così bene, avremmo tutti i pdv d’Italia con l’Edlp. Se invece ci sono solo alcuni casi performanti in determinate condizioni, è tutta un’altra faccenda. Penso che l’evoluzione del settore promozionale non sia l’Edlp, ma fare in maniera seria, oggettiva e saggia le promozioni personalizzate.

Tra gli obiettivi dei prossimi anni ci sono anche investimenti sui servizi…

È un percorso che deve partire dalla sinergia tra le singole imprese: i nostri imprenditori devono avere economie di scala e fare accordi quadro, e questo è il primo step. Dopo si può ipotizzare un punto vendita che, oltre a vendere tutte le categorie ‘classiche’, offra anche servizi accessori.

Per esempio?

Il pagamento delle bollette o altre operazioni che possono risultare complesse per anziani o per chi non ha dimestichezza con la Rete. In questa prospettiva, il punto vendita non è più solo Point of sale, ma diventa Point of meeting e Point of education.

Cosa pensa del lavoro del Governo e che rapporti ci sono con la distribuzione moderna?

Ci sono interlocuzioni positive su molti temi, ma vorrei vedere un maggior sforzo sul fronte delle liberalizzazioni. Abbiamo ancora molti settori in cui il processo è iniziato, ma non è ancora completo ed è piuttosto ‘vischioso’: pensiamo a gas, energia elettrica, assicurazioni. Se il governo riuscisse a completare questo percorso, lascerebbe più denaro nelle tasche dei cittadini, che avrebbero così maggiore disponibilità economica.

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