Meeting di Rimini / Stefano Zamagni: “Più che la mancanza di cibo, oggi il problema è la dipendenza alimentare”

2022-08-24T13:19:39+02:0024 Agosto 2022 - 13:08|Categorie: in evidenza, Mercato|Tag: , , , |

Rimini – “Dal 1961 al 2018 la percentuale di chi nel mondo era al di sotto della soglia di povertà era calata del 30%. Dal 2018 a oggi il tasso di chi soffre fame o denutrizione è tornato a salire. Perché la tendenza si è invertita?”. A porre la domanda, dal palco del Meeting di Rimini, è Stefano Zamagni, presidente dell’Accademia Pontificia per le scienze sociali, che sottolinea la differenza tra insicurezza alimentare – che si verifica quando le persone non hanno accesso al cibo perché manca – e dipendenza alimentare, che si verifica quando manca invece il potere d’acquisto. “E oggi questo crea il problema”, secondo Zamagni. “Guardiamo per esempio l’India, che è un forte esportatore ma dove 190 milioni di esseri umani soffrono la fame e la denutrizione. In questo caso sono i meccanismi istituzionali ed economici che operano in maniera perversa”. Zamagni solleva poi l’enorme problema dello spreco di cibo: “In Europa siamo il Paese che spreca più cibo. La Grande distribuzione, nel 2021, ha buttato via 220 milioni di tonnellate di cibo, che oltre a essere uno spreco inquina. Per eliminarlo è necessario infatti bruciarlo, producendo emissioni”. Un problema che, secondo il presidente, solo la “triangolazione tra pubblico, privato e terzo settore può risolvere”. Tre le iniziative che, secondo Zamagni, l’Ue potrebbe avanzare sul fronte internazionale. Primo, la creazione di un ‘Food system stability board’ in seno alle Nazioni Unite che si occupi della stabilizzazione dei prezzi, della creazione di riserve strategiche e di garantire i flussi commerciali. Secondo, chiedere l’abrogazione della legislazione sul ‘land grabbing’ (accaparramento di terre). “Meccanismo per cui Paesi come la Cina e gli Usa siglano contratti della durata di 90 anni per lo sfruttamento dei terreni, con proprio personale, a fronte di pagamenti quasi ridicoli”. Una forma di neocolonialismo, secondo Zamagni, che in questo fenomeno vede anche le ragioni profonde dietro agli attuali nuovi flussi migratori. Terza proposta, un intervento per mettere fine a un mercato agricolo dove l’1% delle aziende controlla il 70% della terra coltivabile nel mondo. “In agricoltura c’è una concentrazione che non trova pari in altri settori”, spiega. “È passata dall’essere il settore economico dove c’era più concorrenza a quello più monopolizzato”.

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