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Meeting di Rimini / Ettore Prandini: “Le persone non sono sempre al centro delle scelte economiche. Come nel caso del cibo sintetico”

2023-07-03T11:19:36+01:0024 Agosto 2022 - 13:17|Categorie: in evidenza, Mercato|Tag: , |

Rimini – “Coldiretti ha fatto suo quello che è il titolo del meeting di quest’anno: una passione per l’uomo. Io aggiungo, passione per le famiglie. I nuclei familiari, non dall’altra parte del mondo, ma in Italia, sono in difficoltà. E  quest’anno 2 milioni e 600mila persone faranno fatica ad avere accesso al cibo”, denuncia Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, nel corso del suo intervento al Meeting di Rimini. “Ma siamo davvero convinti che le persone siano al centro delle scelte economiche che si stanno facendo a livello globale?”. Prandini solleva a tal proposito la questione dell’industria del cibo sintetico: “C’è in atto un tentativo di sabotare il cibo tradizionale e sostituirlo con quello fatto in laboratorio, che è di proprietà di due o tre multinazionali. Questa è una concentrazione di ricchezza, che toglierà accesso al cibo ai nuclei famigliari più deboli”. Secondo Prandini, anche se non conosciamo gli effetti sulla salute del consumo abituale di questi prodotti, “queste start-up iniziano a essere sostenute con fondi anche in Europa”. L’obiettivo, secondo il presidente, è “di arrivare a una dieta globalizzata, uguale in tutto il mondo, che ha il suo perno proprio sul cibo sintetico. Questo vuol dire cancellare storia, tradizione e cultura di intere popolazioni. E non lo possiamo permettere”. Prandini si esprime poi in merito alla demonizzazione della zootecnia, in fatto ambientale, quando quella italiana genera emissioni che sono la metà rispetto alla Germania e un terzo rispetto alla Francia. “La generalizzazione non fa crescere”, spiega. “Serve la conoscenza per fare esplodere i modelli virtuosi che, come Italia, possiamo esportare e che gli altri possono imitare”. Mentre in merito al conflitto tra Russia e Ucraina, aggiunge: “Se guardiamo al grano che importiamo dall’Ucraina è irrisorio: il 4%. In Nord Africa, però, oltre il 70% del grano arriva da questi Paesi. Guardare solo al nostro interesse sarebbe stato miope, in un’ottica geopolitica”. E ancora: “La Cina in questi anni non è stata ferma. Consuma il 20% di cereali prodotti al mondo e si è accaparrata il 60% della disponibilità globale. Questi fenomeni vanno arginati, perché non si può giocare con la fame”.

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