Molti nemici molto onore. Ma sarà vero? (2)

2021-03-09T08:36:43+01:008 Marzo 2021 - 11:37|Categorie: Editoriali del direttore, in evidenza|Tag: , , , |

di Angelo Frigerio

Nel corso della prima puntata di questo editoriale (la potete trovare qui) avevo raccontato di come un giornalista serio non può non avere “nemici”. Non è vero che tutto va bene, tutto è bello, la vita è tutta rose e fiori. Spesso ci si trova di fronte a fatti e storie che vanno raccontati e commentati, in maniera anche dura. È un nostro dovere.

Difatti, quando parlo delle riviste specializzate spiego sempre che ne esistono di tre tipi. Quelle che arrivano e le butti subito nel cestino, quelle che sfogli e quelle che leggi. Tendenzialmente vorremmo editare solo quelle del terzo tipo. E spesso ci riusciamo. Un mese fa ero dal direttore generale di una grande catena. Entro nel suo ufficio e osservo che, su un mobile basso, fanno bella mostra di sé tutte le riviste del settore (Food, Mark up, Gdo Week e altre). Quasi tutte. Le mie non ci sono. Logico domandare perché. Come logica la sua risposta: “Le sue le leggo. Le altre sono tappezzeria”.

Scherzi a parte, ma non tanto, ritorniamo a bomba. Sempre nella prima puntata avevo raccontato dei miei incontri con la famiglia Ferrarini e dei successivi articoli. Questa volta parliamo invece di Coldiretti, Eurospin e Zonin.

Della grande confederazione agricola ho parlato spesso. Con un milione e mezzo di associati, Coldiretti rappresenta un punto di riferimento assoluto per l’agroalimentare. E questo dalla costituzione della Repubblica a oggi. Un lungo arco di tempo che ha visto susseguirsi al suo comando uomini legati a filo doppio con la politica e le istituzioni. Tanto che il ministero delle Politiche agricole e forestali è ampiamente presidiato da uomini di Coldiretti che qui fanno il bello e cattivo tempo. Lo sanno bene i ministri che si sono succeduti nel corso degli anni. Chi ha provato a modificare, seppur di poco, il Coldirettipensiero ha dovuto fare i conti con loro. Soprattutto con Vincenzo Gesmundo, il direttore generale della confederazione. Un autentico ras che da decenni la dirige con piglio deciso. Pochi anni fa gli avevamo fatto i conti in tasca scoprendo che, fra un incarico e l’altro, aveva guadagnato in un anno la bellezza di circa due milioni di euro. Una cifra folle, mai smentita. Per questo avevamo cercato di capire il perché ma ci siamo sempre scontrati con un muro di gomma. Coldiretti, quando vuole, parla e straparla, anche grazie a un attivissimo ufficio stampa, ma quando si tratta di mettere in piazza certe cifre, nicchia e si nasconde. Il loro bilancio, ad esempio, è segreto, come quello dei sindacati. Perché? Boh e chi lo sa? Non ci piacciono questi infingimenti. E per questo li abbiamo sempre denunciati.

Un’altra che abbiamo messo nel mirino è stata Eurospin. La catena di hard discount è cresciuta notevolmente nel corso dell’ultimo decennio. Ma a farne le spese sono stati spesso i fornitori. La politica delle aste a doppio ribasso è stata uno dei cavalli di battaglia della catena. Una pratica che abbiamo combattuto strenuamente. In una partita che ha coinvolto la politica e le istituzioni. E che abbiamo vinto. Oggi è una pratica sleale su cui vigilerà l’Icqrf (Ispettorato centrale tutela della qualità e repressione frodi).

Come non finire poi con la madre di tutte le battaglie: il crac delle banche venete. Il quasi fallimento di Popolare di Vicenza e Veneto Banca ha rappresentato una delle pagine più amare nella storia finanziaria del nostro paese. Una intera regione è stata coinvolta: dagli imprenditori a cui veniva chiesto l’acquisto di azioni in cambio di finanziamenti sino ai poveri pensionati che avevano riposto la massima fiducia nella “loro” banca, consegnandole i soldi per una serena vecchiaia. Tutto finito, tutto evaporato nel giro di poco tempo. Con azioni che da 62 euro l’una sono arrivate, in pochissimo tempo, a valere pochi centesimi. E chi c’era a capo di tutto questo? Il Doge Zonin, un altro che faceva il bello e cattivo tempo nella sua regione. Grande tessitore di trame fra le più varie: dalla finanza alla politica. Oggi è sotto processo. Rischia una bella condanna. Purtroppo non rischiano nulla quegli oscuri direttori di banca e impiegati che, pur sapendo che le azioni non erano certo sicure, hanno continuato a consigliare tutti di investire lì, perché il guadagno era certo. Sono i conniventi, oggi protetti dallo scudo di Intesa che ha rilevato le due banche. Ma hanno anche loro sulla coscienza i numerosi suicidi che si sono succeduti dopo il crac. Piccoli artigiani, imprenditori ma anche persone comuni che si sono trovate il borsellino svuotato da loschi e spietati affaristi.

Capite dunque che davanti a certe ingiustizie non si può tacere. Non si può far finta di niente. Il compito del giornalista è di raccontare e denunciare. E noi cerchiamo di farlo. Al meglio e con dovizia di particolari. Le lettere degli avvocati, che arrivano copiose, lo dimostrano.

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