Gli imprenditori lanciano il grido d’allarme. Le istituzioni preparano i cittadini a un inverno di austerity. Il nodo della crisi energetica, però, può essere risolto solo nel cuore dell’Europa. Che deve, senza se e senza ma, riuscire a mostrare un unico volto.
Federica Bartesaghi
È un problema che toglie il sonno, quello della bolletta energetica. Toglie il sonno ai cittadini e lo toglie, ancor di più, agli imprenditori. La cui voce risuona forte sulle pagine dei giornali e dal palco del Meeting di Rimini, che chiude oggi un’edizione ricca di spunti e ancor più di appelli al mondo politico. Una di queste voci è di Francesco Mutti, Ad dell’omonima azienda conserviera e presidente di Centromarca. “Mi sveglio di notte e penso a come uscire da questa situazione”, confida a margine di alcune conferenze. E lo conferma anche alle pagine del Corriere, dove spiega che “se prima dei rincari i costi dell’energia incidevano appena sotto il 2% di quelli totali, nel 2021 sono saliti al 5%, ora sono attorno al 20%”. Proprio in queste settimane, infatti, l’industria della trasformazione del pomodoro si sta giocando la stagione. Fermarsi, o rallentare, è impossibile. “Andiamo avanti lo stesso – spiega Mutti – con la consapevolezza che gli effetti saranno disastrosi”. Secondo l’Ad, l’esigenza immediata, di cui deve farsi carico il governo uscente, è “sminare i rincari in bolletta”. Un intervento “palliativo”, spiega, ma “che può costare meno di quanto non lo farebbe lasciare correre i prezzi energetici e innescare una guerra nella nostra industria, con disastri a valle sulle spalle dei consumatori”.
Anche Ruggero Lenti, presidente di Assica (l’associazione dei produttori di salumi), racconta la drammaticità della situazione: “Le bollette di luglio hanno visto importi fino a sei volte superiori rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Si tratta di milioni di euro di differenza sui bilanci annuali delle imprese e un concreto rischio di chiusure in forte perdita”. È dello stesso avviso Stefano Pezzini, componente del Cda del Grana Padano, che è intervenuto ieri al Meeting: “La componente energetica è diventata la più importante nella fase produttiva e ha sviluppato costi ormai insostenibili. Siamo passati da un’incidenza di 45 cent al kg a 2,30 euro. Se non abbiamo risposte in tempi brevi, tutta la filiera potrebbe avere effetti negativi”.
Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, ha lanciato il suo appello al mondo politico affinché ascolti “il grido d’allarme delle imprese”. Per Bonomi, occorre “affrontare seriamente e immediatamente la predisposizione di un eventuale piano di razionamento”. Aggiungendo che “se il tetto al prezzo del gas non viene fatto in Europa, dobbiamo agire a livello nazionale. Lo stiamo chiedendo da mesi”.
Eppure questa operazione, che equivarrebbe a fissare, nelle piattaforme di negoziazione, un limite massimo sopra cui gli operatori europei non possono comprare, è richiesta a gran voce da più parti. Lo stesso ministro degli Affari esteri Luigi Di Maio, proprio a Rimini, l’ha definita “l’unica strada per fermare la dinamica inflattiva” dopo che il prezzo del gas “ha toccato il costo di 300 euro a megawattora, rispetto ai 40 euro a megawattora che si pagavano prima della guerra”.
Il nodo, tuttavia, è il veto imposto da alcuni Paesi del Nord, Olanda in primis. Proprio qui, ad Amsterdam, ha infatti sede il mercato Ttf (Title transfer facility), dove si fissa il prezzo del gas per tutta l’Unione. La ragione dichiarata di questa opposizione al tetto sarebbe che lo considerano un passo indietro, rispetto alla liberalizzazione del mercato dell’energia. Le vere ragioni, invece, hanno sempre a che fare con gli interessi economici di pochi, a scapito di molti. In frangenti come questo, d’altronde, la speculazione fa fare affari d’oro. Mentre industria e cittadini pagano il conto più salato.
Giusto ieri, in Francia, nel corso di un Consiglio dei ministri il premier Emmanuel Macron ha chiesto ai suoi connazionali uno sforzo collettivo, giacché l’era “dell’abbondanza e della spensieratezza” è finita. La Germania, dal canto suo, ha scoperto le carte giorni fa, quando ha annunciato di avere scorte di gas solo per due mesi e mezzo, a queste condizioni. E infatti, dal 1° settembre, entrerà in vigore un nuovo regolamento sul risparmio energetico che tuttavia rischia di non bastare a salvare il Paese dall’imminente recessione.
L’appello è forte e chiaro. Il problema, però, è che la barca è una soltanto. E batte bandiera europea. Per questa ragione, oggi più che mai, gli interessi di molti devono prevalere sugli interessi di pochi. Da questo dipenderà la sopravvivenza di tutti.