L’etichetta a semaforo è tornata alla ribalta negli ultimi giorni. Secondo alcune indiscrezioni, la sua adozione non sarà estesa a tutta l’Ue. Ma esistono alternative?
Bye bye Nutriscore. Secondo alcune indiscrezioni, pubblicate da diversi organi di stampa europei lo scorso 28 febbraio, l’adozione dell’etichetta a semaforo, da sempre osteggiata nel nostro Paese, non sarà estesa a tutti i Paesi dell’Unione europea. Il sistema classifica i valori nutrizionali di un alimento attraverso una scala di cinque colori.
È stata l’emittente radiofonica francese France Inter a lanciare la notizia. Ha scritto infatti di essere entrata in possesso di un documento della Commissione europea, risalente a marzo 2023, relativo a un incontro tra il responsabile della Dg Agricoltura Wolfgang Burtscher ed esponenti del gruppo Schwarz, proprietario delle insegne Lidl e Kaufland, in cui si legge: “La valutazione d’impatto è basata su sistemi esistenti già sviluppati nell’Unione europea, incluso il Nutriscore, ma anche su altri. La proposta dell’Ue non replicherà alcun sistema esistente”.
I rumors non sono stati smentiti. Nel corso di una conferenza stampa, la portavoce per il Clima della Commissione europea, Anna-Kaisa Itkonen, ha infatti commentato in maniera sibillina: “Stiamo lavorando ampiamente sull’etichettatura alimentare, attraverso studi scientifici, consultazioni pubbliche e sondaggi mirati. Ciò ha confermato la complessità della questione […] Continueremo a lavorare in collaborazione con gli Stati membri per arrivare a una soluzione che sia, prima di tutto, la migliore per i consumatori e per tutti coloro che dovranno implementarla”.
Il Nutriscore, nato in Francia nel 2017 e attualmente adottato anche da Germania, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo, Spagna e Svizzera, sarebbe dovuto entrare in vigore obbligatoriamente nell’Ue dalla fine del 2022. Ma Bruxelles ha rimandato la decisione. Le ultime indiscrezioni non possono quindi che far tirare un sospiro ad associazioni come Coldiretti e Confagricoltura, importanti consorzi di tutela e player del settore alimentare, da sempre contrari all’etichetta a semaforo.
“Sarebbe la vittoria del buon senso che conferma la validità della nostra intensa battaglia a difesa della certezza e della chiarezza nelle informazioni sui cibi, a tutela dei consumatori”, ha commentato il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti. “Spero che a Bruxelles si chiariscano le idee una volta per tutte e la smettano di seguire i suggerimenti, se così vogliamo chiamarli, delle multinazionali, che promuovono solo gli alimenti e le bevande che possono produrre dove vogliono e vendere poi nei nostri Paesi. Noi continueremo a difendere i prodotti della dieta mediterranea, legati al territorio e grazie ai quali il nostro è uno dei popoli più longevi al mondo. Mi auguro che la Commissione europea faccia una riflessione analoga anche per ciò che riguarda le etichette allarmistiche sul vino”, ha aggiunto Gian Marco Centinaio, senatore della Lega ed ex ministro dell’Agricoltura.
Le affermazioni di Giansanti e Centinaio non fanno che confermare il punto di vista di Roberto La Pira, direttore de Il Fatto Alimentare, fervente sostenitore dell’etichetta a semaforo. Intervistato da Alimentando, ha infatti commentato: “Penso che le lobby abbiano lavorato molto bene per ottenere una dilazione sull’impiego del Nutriscore. Un fatto gravissimo perché fa prevalere i loro interessi sul volere popolare. […] La contrarietà del nostro Paese al Nutriscore è dettata dal solo desiderio di difendere le lobby industriali. E per farlo, tante bugie sono state dette, come il fatto che l’olio d’oliva e il Parmigiano Reggiano fossero marcati con il bollino rosso, anche se così non è”. Inoltre: “Occorre difendere la vera dieta mediterranea, non il made in Italy, che è un’invenzione commerciale”.
Una voce fuori dal coro è invece quella di Angelo Frigerio, direttore di alimentando che così ha commentato la vicenda: “Lo stop al Nutriscore non mi fa né caldo né freddo. Da sempre la mia posizione è chiara e netta: sono contro tutte le etichettature pseudo-salutistiche. Approssimative, troppo generiche, non tengono conto di tutti i fattori che compongono il prodotto. Di più: si cela dietro una concezione classista del consumatore. Ovvero una persona ignorante che dev’essere “educata”. E’ la filosofia del Grande Fratello orwelliano applicata all’agroalimentare. Al contrario, credo che la casalinga di Voghera e suo marito non siano dei fessacchiotti. Ma, siccome votano e, nella stragrande maggioranza dei casi, non hanno un tutore legale, possono benissimo decidere da soli cosa mettere in tavola. Per cui lasciamo perdere le etichette fuorvianti – comprendendo anche quelle sul vino o sul formaggio a latte crudo – e diamo libero spazio alla creatività nello shopping alimentare. Parafrasando quello che ha detto José Mourinho quando si è presentato in Italia per allenare l’Inter: ‘Sono un consumatore. Non sono un pirla’”.
Se la Commissione Ue continuerà a lavorare sull’etichettatura alimentare, quali alternative ci sono al Nutriscore, che al momento, comunque, non cessa di esistere? L’Italia ha da tempo proposto la Nutrinform Battery, una grafica ‘a batteria’ che suggerisce la porzione di consumo dell’alimento consigliata dai nutrizionisti, ma che, di fatto, nessuno utilizza. In Danimarca, Svezia e Lituania, ma anche Islanda e Norvegia, è in uso il Keyhole System, che aiuta il consumatore a identificare i prodotti più salutari, in base a oltre 30 criteri nutrizionali, tra referenze della stessa categoria. In Finlandia, invece le associazioni per il cuore e il diabete hanno sviluppato l’Heart Symbol System, che può essere apposto agli alimenti che soddisfano alcuni criteri legati al contenuto di grassi, sale, zuccheri e fibre. Anche Croazia e Slovenia hanno proposto simili soluzioni. Staremo a vedere…