Unione Italiana Food: “L’aumento della pasta alla produzione è in linea con l’inflazione. Ingeneroso prendersela con i pastai”

2023-05-15T11:33:22+02:0015 Maggio 2023 - 11:33|Categorie: Grocery, in evidenza|Tag: , , |

Roma – Con una nota ufficiale, Unione Italiana Food interviene nel dibattito sull’aumento del prezzo a scaffale della pasta, oggetto di un recente monitoraggio da parte del Garante per la sorveglianza dei prezzi (leggi qui).

“Tenendo conto che si tratta di un prodotto che finisce quotidianamente sulle tavole degli italiani, l’allarmismo di questi giorni appare davvero poco giustificato. Si sono letti tanti numeri, alcuni anche sbagliati: resta il fatto che noi pastai possiamo solo ribadire che il prezzo della pasta alla produzione è aumentato del +8,4% (Fonte: dati Istat, marzo 2023 su marzo 2022), in linea con l’aumento dell’indice d’inflazione medio dei beni al consumo”, spiega l’Associazione che riunisce oltre 20 categorie merceologiche, inclusa la pasta. “Se l’aumento del prezzo al consumo è stato poi del +16,5% è frutto di dinamiche esterne al mondo della produzione”.

In merito alla riunione svoltasi la scorsa settimana a Roma, indetta dalla Commissione di allerta rapida per analizzare la dinamica del prezzo della pasta convocata dal Mimit e dal Garante per la sorveglianza dei prezzi, Unione Italiana Food commenta: “Dispiace l’enfasi iniziale con cui è stato accompagnato questo tavolo. Si tratta di una propaganda negativa, pregiudizievole per un settore che rappresenta un orgoglio per il made in Italy, che fa da volano all’export e a tante altre eccellenze nostrane. Una pubblicità negativa che, purtroppo, proviene proprio dal Dicastero che ha mutato la propria denominazione, votandosi alla tutela delle imprese e del made in Italy”.

L’incremento del prezzo della pasta, continua Uif, è un dato logico e facilmente spiegabile. “La pasta oggi a scaffale è stata prodotta mesi fa con grano duro acquistato alle quotazioni del periodo ancora precedente, con i costi energetici del picco di crisi bellica, cui si sono aggiunti i forti costi del packaging e della logistica. I prezzi di oggi, quindi, sono il risultato di una libera contrattazione fatta dalle singole aziende con la distribuzione”. Parlando più nel dettaglio del prezzo del grano, l’Associazione spiega che “era salito a quasi 600 euro a tonnellata (+110% rispetto allo stesso periodo del 2021) ed ora è sceso sensibilmente, attestandosi tra i 350 e i 380 euro (comunque +30% rispetto al 2019). Stessa dinamica la si può riscontrare per i costi energetici e le altre voci di costo. Quando il grano duro era alle stelle non è stato avvertito nessun grido di allarme per i pastai. Eppure, si tratta di un settore con una marginalità ridottissima visto che con poco più di un euro si acquista un pacco di pasta da 500 grammi e in quell’euro ci stanno tutte le voci di costo: il grano duro, la trasformazione del grano in semola, i costi energetici di aziende fortemente energivore, il packaging, i trasporti e altro ancora”.

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