Lamberto Frescobaldi: “Dobbiamo alzare ancora l’asticella”

2024-07-12T11:35:26+02:0012 Luglio 2024 - 11:35|Categorie: in evidenza, Vini|Tag: , , |

Il presidente di Uiv si sofferma sui contenuti dell’Assemblea generale dell’associazione, che ha posto la questione della flessione del mercato Usa. Tra i temi anche la partecipazione al primo Vinitaly Usa, in programma al Navy Pier di Chicago il 20 e 21 ottobre.

Di Andrea Dusio

A margine dell’Assemblea generale di Unione italiana vini che si è tenuta ieri a Roma, abbiamo avuto modo di approfondire alcuni dei temi di dibattito con il presidente dell’associazione, Lamberto Frescobaldi.

Le chiediamo anzitutto un bilancio di questa mattinata di lavori, a cui hanno partecipato i ministri Giorgetti e Lollobrigida.

Non può che farci piacere la presenza del mondo politico, che è venuto in forze, così come delle organizzazioni sindacali. Il nostro settore è importante, lo sappiamo. Però quando te lo riconfermano ti ricordi che devi essere intransigente. Dunque niente sconti, lungimiranza e ottimismo.

Qual è il suo commento in merito ai dati relativi al mercato americano, che mostrano un calo generalizzato dei consumi?

È un mercato che si trova in sofferenza, non c’è dubbio. Però l’America ci ha insegnato che sa essere molto più reattiva rispetto all’Europa. Quando poi le cose cambiano e riprendono ad andare bene sanno diventare anche nel breve periodo molto positive. Quindi noi dobbiamo continuare ad alzare l’asticella. Le crisi sono salutari se le si sa cogliere come elemento sfidante. Per il cliente i momenti di difficoltà del mercato sono i migliori in assoluto, perché può godere dell’innalzamento della qualità. Dobbiamo dunque continuare a lavorare allo scopo di conquistare la sua fiducia.

Può offrirci invece un’istantanea del mercato italiano?

Il mercato italiano è in salute. Continua ad andare bene. Abbiamo un turismo che genera numeri molto interessanti. E possiamo dire che abbiamo anche dei prezzi normali. Pensiamo in questo senso a un confronto con la Francia, dove i prezzi sono più alti. Noi, per chi viene da fuori, siamo ancora il Paese di Bengodi, dove per 50 euro si può mangiare e bere bene.

Che rilevanza ha il turismo enologico nel vostro business?

Il peso specifico non è elevatissimo. Però è molto importante. Noi non abbiamo dei budget elevati come quelli delle aziende della birra o dei soft drink. Le nostre piccole risorse le spendiamo andando a visitare i mercati e portando le persone in casa, e mostrando quello che sappiamo fare. Le aziende agricole sono oggi ‘rifinite’ come mai era accaduto in passato. I territori dove viene praticata la viticoltura sono ‘pettinati’, le case ristrutturate alla perfezione, le cantine aperte al pubblico. Quando io era ragazzino in cantina c’erano le ragnatele. Oggi sono diventate dei luoghi di visita. E quindi siamo in grado di far vivere al visitatore una vera e propria magia, che però non deve fermarsi lì. Dobbiamo essere capaci di farla diventare una componente importante all’interno di un impegno a migliorarci in tutti gli aspetti.

Domanda scomoda. Il presidente di Ice Matteo Zoppas, invitando a partecipare al Vinitaly di Chicago a fine ottobre, ha riconosciuto che probabilmente qualche azienda dovrà fare delle scelte, magari rinunciando a una delle fiere importanti in Europa. Qual è la vostra posizione?

Noi come Unione Italiana Vini ovviamente plaudiamo all’attività di Ice e del governo, che promuovono le nostre eccellenze territoriali. Ben vengano tutte le iniziative. Ricordiamo che il know-how sviluppato da Vinitaly resta molto importante. Dobbiamo sempre tener presente una cosa quando parliamo di promozione: se non lo facciamo noi, poi lo fanno gli altri. Dobbiamo dunque ringraziare le istituzioni per il nostro lavoro. Poi qualcuno vorrà partecipare e qualcun altro no. Dipenderà dal suo posizionamento sul mercato.

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