Adolfo Urso a tutto campo

2024-11-15T11:07:24+02:0015 Novembre 2024 - 12:30|Categorie: Aperture del venerdì, in evidenza, Mercato|Tag: , |

Sette domande al ministro delle Imprese e del Made in Italy. Il Piano transizione 5.0, il sostegno alle Pmi, il nucleare, l’intelligenza artificiale, il Piano Mattei, il sistema fieristico, l’etichetta d’origine.

Di Angelo Frigerio

Diretto e conciso, Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, l’avevamo incontrato al Meeting di Rimini, lo scorso agosto. Dove si era detto disponibile a una intervista a tutto campo. Che mettesse a tema una serie di problematiche emergenti. Ecco le sue risposte.

Come procede il Piano Transizione 5.0?

Il Piano Transizione 5.0, il primo in Europa a combinare in un’unica misura la transizione digitale e quella energetica, è ora pienamente operativo. Abbiamo riallocato risorse da capitoli che non avrebbero generato sviluppo, destinandole a questa iniziativa cruciale per il tessuto produttivo del Paese, frutto di una complessa ricontrattazione con l’Europa. Nei giorni scorsi, ho incontrato al Mimit una delegazione di Confindustria guidata dal presidente Orsini, con cui abbiamo concordato alcune modifiche al Piano, tra cui l’innalzamento delle aliquote e ulteriori semplificazioni e chiarimenti sulle procedure, che presenteremo a breve.

Come il governo sta sostenendo le Pmi e quando vedrà la luce la Legge Annuale per le Pmi, che noi preferiamo chiamare Mpmi?

Prevediamo di portarla in Consiglio dei ministri entro qualche settimana. Si tratta di una previsione introdotta nel 2011, ma rimasta inattuata per 13 anni dai governi precedenti. Il nostro obiettivo è renderla un appuntamento annuale, volto a semplificare, incentivare e sostenere le attività delle Pmi, che rappresentano il fulcro del nostro sistema produttivo. Ma il nostro impegno non si limita a questo. Abbiamo infatti riformato il Fondo di garanzia per le Pmi, che lo scorso anno ha consentito finanziamenti per 46,2 miliardi di euro. Per permettere alle Pmi operanti nel settore spaziale e aerospaziale di partecipare a progetti europei, abbiamo previsto un fondo specifico nel disegno di legge quadro sullo Spazio. Abbiamo poi istituito un fondo per le startup all’interno del disegno di legge per l’intelligenza artificiale, attualmente all’esame del Parlamento. Infine, lo Startup Act 2.0 sarà uno dei pilastri della prossima legge annuale per il Mercato e la Concorrenza, che verrà approvata dal Consiglio dei ministri entro luglio.

Lei ha esortato industriali e sindacati a lavorare per l’utilizzo del nucleare di terza e quarta generazione. L’energia è oggi il primo differenziale competitivo in Europa. Cosa deve fare il sistema-Paese per aiutare le imprese a ridurre i costi energetici?

È innegabile che il costo dell’energia costituisca il principale divario produttivo. Per abbassare i costi di produzione bisogna incentivare le energie rinnovabili ed entrare subito tra i grandi produttori di energia nucleare, unica fonte continuativa, pulita e sicura. Proprio per questo il governo ha deciso di realizzare in queste settimane un contesto legislativo che consenta di costruire reattori nucleari di terza e poi quarta generazione sul nostro territorio, che assistano l’Italia nella transizione energetica e supportino le imprese con un’energia sostenibile.

Come favorire l’adozione dell’IA nelle aziende, in particolare in quelle di piccole dimensioni?

Le Pmi, a differenza delle grandi aziende, incontrano spesso ostacoli significativi nell’implementazione delle tecnologie avanzate, legati ai costi elevati per l’acquisto di software, hardware e servizi di consulenza, mancanza di competenze tecniche, scarsa consapevolezza, difficoltà nell’accesso ai dati e resistenza al cambiamento. Per questo – come è stato anche evidenziato nel Rapporto presentato nella seconda ministeriale G7 a Roma il 10 ottobre – è necessario mettere in campo sforzi sinergici significativi, investimenti pubblici e privati e impegnarsi nel campo della ricerca e formazione. Il cambiamento in atto nei processi produttivi è epocale e dobbiamo abbracciarlo. Abbiamo la responsabilità di accompagnarlo, consapevoli delle sfide e delle potenzialità. Non possiamo correre il rischio che l’accelerazione tecnologica in atto lasci indietro le micro, piccole e medie imprese. È una sfida economica, sociale e una responsabilità politica.

In che modo il sistema delle Pmi può beneficiare del Piano Mattei?

La collaborazione delle nostre aziende con i sistemi economici e produttivi delle nazioni africane può offrire a entrambi nuove occasioni di sviluppo condiviso. In questi mesi abbiamo lavorato incessantemente per creare una cornice nella quale pubblico e privato possano lavorare in sinergia. Sosterremo tutte le imprese italiane che hanno investito o intendono investire in Africa con finanziamenti agevolati e incentivi, per creare una cooperazione win-win.

Come valorizzare al meglio il sistema fieristico italiano in un’ottica di promozione all’estero del made in Italy e in sinergia con l’Agenzia Ice?

Il sistema fieristico è un asset strategico per la promozione del Made in Italy e, soprattutto per le Pmi, rappresenta un palcoscenico unico per farsi conoscere nel mondo. Il nostro obiettivo è rafforzarlo sempre di più e come governo già con la legge Made in Italy abbiamo voluto promuovere questo comparto. Ma bisogna collaborare tra pubblico e privato per creare un unico braccio, che consenta alle fiere di presentarsi compatte all’estero e portare a sistema le nostre peculiarità. Il Mimit è pronto a fare la sua parte e a lavorare a fianco del sistema fieristico per rendere il nostro Paese ancora più competitivo a livello globale.

È favorevole alla proposta di Coldiretti sull’obbligo dell’etichetta d’origine a livello europeo?

Certamente. Il valore della filiera agroalimentare allargata è salito a 620 miliardi di euro, con il cibo Made in Italy che assume un ruolo sempre più centrale per la crescita economica del Paese. Con i ministri dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, e della Salute, Orazio Schillaci, abbiamo già firmato la proroga fino al 31 dicembre dell’etichettatura d’origine a livello nazionale per valorizzare i nostri prodotti, garantendo trasparenza ai consumatori e alle imprese e impedendo che vengano spacciati come italiani quelli che, invece, provengono dall’estero, senza rispettare gli stessi parametri di qualità. L’Italia ancora una volta ha fatto da apripista: ora auspichiamo che questo percorso trovi allineata anche l’Unione Europea.

Per gentile concessione di Cdo Magazine

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