Coronavirus: quale impatto sull’export italiano?

2020-02-03T11:44:12+02:003 Febbraio 2020 - 11:44|Categorie: Mercato|Tag: , |

213 morti, 18 paesi coinvolti, 9.700 contagi, tre casi in Francia, uno in Germania, due in Italia. Sono alcuni numeri, in costante aggiornamento, del 2019-nCoV, nome in codice del famigerato coronavirus. Che ha portato l’Oms a dichiarare “l’emergenza globale”. L’epidemia si è propagata nella città di Wuhan, metropoli da 11 milioni di abitanti e capoluogo della provincia di Hubei, Cina centro-orientale.

Sull’origine del virus ancora non si hanno certezze. Ma alla base del contagio, secondo analisti e osservatori autorevoli, ci sono il commercio di animali selvatici, l’urbanizzazione selvaggia e le pessime condizioni igieniche dei mercati locali. Questi fattori, aumentando i contatti tra uomini, specie selvatiche e domestiche, incrementano le probabilità di trasmissione.

In questo scenario in evoluzione, tra città in quarantena, voli annullati, multinazionali che chiudono e rimpatri forzati, qual è il punto di vista delle aziende italiane nel comparto food&beverage? Intanto bisogna dire che gli scambi commerciali tra il nostro paese e la provincia di Hubei non sono determinanti. Secondo dati doganali cinesi, il valore complessivo degli scambi è circa 34 milioni di euro, ovvero l’1,2% dell’export cinese verso l’Italia e l’1% dell’export italiano verso la Cina. Ma in questi casi, si sa, c’è anche un effetto domino che talvolta sconfina nella psicosi, e che può avere effetti imprevedibili.

Ad Assica (Associazione dei produttori di carni e salumi) non sono arrivate segnalazioni, come spiega il direttore, Davide Calderone: “Per ora è tutto sotto controllo, non abbiamo notizie di particolari problemi da parte di aziende che hanno rapporti commerciali con la Cina, né da parte di gruppi che hanno sedi in loco”. Secondo Massimo Forino, direttore di Assolatte, è presto per avere riscontri: “I dati sull’export vengono pubblicati a distanza di tre mesi, quindi è difficile fare previsioni e dare un giudizio sull’impatto della situazione. Credo, però, che alcuni grandi player possano avere qualche problema”.

In effetti, commenta Fernando Sarzi, amministratore delegato di Sterilgarda, i rapporti con la Cina si sono complicati nelle ultime settimane: “Molti importatori sono letteralmente chiusi in casa e gli ordini sono bloccati”. Thomas Rosolia, amministratore delegato di Koelnmesse Italia, definisce la situazione “incerta” e non nasconde qualche preoccupazione in vista di Anufood China, in scena dal 15 al 17 aprile a Shenzhen, un migliaio di Km a sud di Wuhan, epicentro del virus. “Sapremo qualcosa in più la settimana prossima, dato che al momento gli uffici di Koelnmesse China sono chiusi in concomitanza con il capodanno cinese del 25 gennaio”.

Chi pensa di non battere in ritirata è Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere, che spiega all’Ansa: “In Cina il nostro calendario fieristico è confermato con Wine to Asia a Shenzhen che sarà la piattaforma Veronafiere-Vinitaly per promuovere il vigneto Italia nel paese della Grande Muraglia, con un salto di qualità nell’approccio ai mercati asiatici. La prima edizione si terrà a novembre, abbiamo quindi tutto il tempo per valutare cosa succederà alla luce dell’allarme sanitario da virus in corso, ma rimanere in Cina per le nostre imprese è fondamentale. E anche la scelta della sede di Shenzhen si sta rilevando indovinata”.

Ancora più problematico è il calendario fieristico dell’hi-tech, dominato proprio dai colossi cinesi. Negli ultimi giorni, infatti, si sono fatte sempre più insistenti le voci su un possibile rinvio del Mobile World Congress di Barcellona, previsto dal 24 al 27 febbraio. Un evento che, nella sola Barcellona, vale 470 milioni di euro.

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