Verona – I salumi italiani? Più sani e meno grassi. Sono questi i risultati della ricerca “Meno sale, meno grassi, più salute. Nuovi valori per i salumi italiani”, realizzata da Inran, (Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione) e Ssica (Stazione sperimentale per l’industria delle conserve alimentari) e presentata oggi a Eurocarne nel corso di un convegno, in scena nel pomeriggio. “Tutto questo è possibile grazie alle nuove tecnologie”, spiega Giovanni Ballarini, antropologo alimentare e presidente dell’Accademia italiana della cucina. “Tecnologie che permettono una migliore conservazione del prodotto e dunque una riduzione del sale, utilizzato con funzione antibatterica e antimicrobica. I consumi di salumi in Italia si aggirano intorno ai 20 chilogrammi pro capite all’anno, quantità che difficilmente verranno superate e la tendenza sarà quella di consumare salumi più giovani, meno stagionati, che necessitano di inferiori quantità di sale”. Ballarini si è anche espresso su alcune questioni spinose. Come quella della food tax, che: “Se ha la finalità di modificare le abitudini alimentari, è destinata a fallire: alcol e tabacco sono un esempio. Sarebbe meglio abituarsi a mangiare a mezzogiorno e alla sera, rimanendo lontani dai distributori di merendine”. L’incontro è stato promosso da Assica, Ivsi (Istituto valorizzazione salumi italiani) e Isit, (Istituto salumi italiani tutelati) dedicato ai nuovi valori nutrizionali dei salumi italiani e ha visto la partecipazione di Giovanni Ballarini; Massimo Lucarini, ricercatore Inran; Giovannibattista Pallavicini, della Tutela e anticontraffazione di Isit e di Giovanna Saccani, ricercatore Ssica. A moderare l’incontro Monica Malavasi, direttore Ivsi.
(Nella foto, da sinistra: Giovannibattista Pallavicini, Giovanni Ballarini, Monica Malavasi, Massimo Lucarini e Giovanna Saccani)
(AF)