Frena la procedura d’infrazione sulle etichette a semaforo inglesi

2016-03-15T11:17:58+02:0015 Marzo 2016 - 11:17|Categorie: Mercato|Tag: , , , , , |

Bruxelles (Belgio) – Torna alla ribalta la questione delle etichette a semaforo sugli alimenti, adottate dal 98% della Gdo in Inghilterra. Ieri il Mipaaf si è presentato a Bruxelles con i dati raccolti da Nomisma, che dimostrano quanto questa classificazione penalizzi i prodotti non solo italiani, ma anche di altri paesi. Ad esempio, tra il 2013 e 2015, le vendite a valore del crudo di Parma non etichettato sono aumentate del 17%, mentre sono diminuite del 17% quelle degli etichettati (-14% a volume). Così come per il parmigiano reggiano: a +7% se non etichettato, a -7% se con semaforo (-13% in volume). Il brie francese è calato dell’8% a volume e valore. Il sistema a semaforo viene criticato in quanto assegna bollini di colore rosso, giallo o verde secondo il contenuto di grassi totali e saturi, sale o zuccheri. Una classificazione che, secondo il ministro Maurizio Martina: “Non promuove una dieta sana e un equilibrio nello stile alimentare, classificando i cibi con parametri discutibili e approssimativi”. L’iniziativa inglese è oggetto di una procedura d’infrazione da parte della Commissione europea, in quanto violerebbe le regole sul mercato unico. Con l’Italia si sono schierate anche Croazia, Belgio, Cipro, Spagna, Grecia, Slovenia, Portogallo, Lussemburgo, Bulgaria, Polonia, Irlanda, Romania, Germania, Slovacchia, Lettonia. Ma Londra si difende con l’art. 35 del regolamento 1169/2011, che permette eccezioni sull’etichettatura alimentare. Oltretutto, il referendum previsto in giugno, per stabilire se gli inglesi vogliono restare nell’Unione, ha frenato le procedure.

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