Il Consorzio del grana contro Granarolo. Contestato il lancio dei nuovi formaggi 300 e 400

Meda (Mb) – “Caro Gianpiero, mi trovo, mio malgrado, nella condizione di sottolinearti il mio personale disagio nel constatare che la politica di Granarolo, di attacco vero alle Dop lattiero casearie e specificamente grana padano e parmigiano reggiano, continui dopo l’iniziativa, già stigmatizzata, del 400 ora con il 300”. Inizia così, con un tono molto deciso, una lettera (foto), datata 4 agosto 2017, a firma di Nicola Cesare Baldrighi, presidente del Consorzio di tutela del formaggio grana padano, indirizzata a Gianpiero Calzolari. Una missiva, di tre pagine, in cui si contesta al presidente di Granarolo il lancio di due prodotti “similari”, il 300 e il 400. Due formaggi a pasta dura presentati alla forza vendita a inizio anno e distribuiti sia in Italia, sia all’estero. Ma ciò che viene contestato non è tanto il lancio in sé, quanto la presentazione dei prodotti ai buyer di Gd e Do.

E, in effetti, qualcosa di discutibile, sempre secondo il Consorzio, appare evidente. Nel depliant di uno dei nuovi prodotti, segnatamente il 400, si dice: “Da oltre 400 litri di latte italiano Granarolo e una grande sapienza nella lavorazione, nasce Granarolo 400”. I plus del prodotto sono presto detti: “100% latte italiano di filiera; totale tracciabilità e qualità, grazie ai mille allevatori; prodotto in “caldaie” secondo la migliore tradizione casearia; senza conservanti perché senza la lisozima dell’uovo, il conservante e allergene utilizzato nella produzione di grana padano; ottimo per l’alimentazione dei bambini; una garanzia per gli adulti grazie al gusto autentico unito all’eccellenza del latte Granarolo; adatto anche ai vegetariani perché fatto con caglio microbico, a differenza di padano e reggiano fatti con caglio animale”.

Già così l’attacco ai due consorzi, parmigiano reggiano e grana padano, appare forte. Ma c’è di più. Sempre nel depliant di presentazione, compare una tabella comparativa nella quale vengono confrontati: 400, grana padano, parmigiano reggiano, Biraghi e Gran Moravia prodotto da Brazzale. Qui il formaggio della Granarolo ne esce alla grande. Per quanto riguarda gli ingredienti è l’unico realizzato con latte, sale, caglio microbico; non contiene la lisozima dell’uovo; è prodotto con caglio microbico; è adatto ai vegetariani; l’origine del latte è italiano della filiera Granarolo; è l’unico con un controllo della filiera italiana. Bingo!

Da ultimo il prezzo: la forma da 38 Kg viene proposta a 6,50 euro al chilo; quella da 1/8 a 6,85 euro al chilo; lo spicchio a 7,15 euro al chilo. Con le premesse di cui sopra era logico attendersi una reprimenda da parte dei consorzi. Da qui la lettera di Baldrighi che così prosegue: “… Mi sembra sinceramente poco lungimirante escogitare argomenti volti a gettare discredito sulle nostre Dop nell’intento di nobilitare un volgare formaggio duro come tanti altri, benché marchiato Granarolo”. Il presidente del Consorzio non manca poi di far osservare a Gianpiero Calzolari una incongruenza: “Vi è poi la tua posizione di coordinatore del settore lattiero caseario dell’Alleanza delle Cooperative, composta, come ben sai, da un gran numero di società produttrici di grana padano e parmigiano reggiano tanto che i due formaggi rappresentano circa il 43% di tutto il latte italiano. (…)

(…) Potrai bene immaginare con quali toni critici sia stata giudicata l’iniziativa in questione da parte di colui, tu, che rappresenta la cooperazione lattiero casearia dagli oltre 300 caseifici cooperativi di grana padano e parmigiano reggiano nonché da tutti gli altri”.  La lettera prosegue con una serie di considerazioni sulla presentazione dei due nuovi formaggi Granarolo. In cui vengono contestate, una per una, le specifiche contenute nel depliant di Granarolo.

La conclusione della lettera è molto chiara e non lascia spazio a dubbi di sorta: “Avete deciso di percorrere la strada degli ‘imitatori’, è una scelta che a noi non piace ma è legittima e la rispettiamo. Ritengo invece scorretta e soprattutto inopportuna la modalità di informazione e divulgazione perché, come sopra evidenziato, sono in parte false e in buona parte strumentalmente fuorvianti”.

Non manca un avviso che sa anche di minaccia: “Ti invito pertanto a rivedere radicalmente questo percorso divulgativo del vostro similare che altrimenti mi vedrebbe costretto a reazioni giuridiche, mediatiche e politiche che non gioverebbero ad alcuno. Quando colossi come Granarolo e i Consorzi grana padano e parmigiano reggiano decidessero di ‘entrare in guerra’ potrebbero mettere in campo energie, argomenti, rapporti e risorse tali da essere reciprocamente, oltre che costose, devastanti”.

La lettera è di inizio agosto. Cosa è successo dopo? Niente di eclatante se non che, nel sito di Granarolo, non compaiono più ‘300’ e ‘400’. Al loro posto, nella linea Oggi Puoi, troviamo un grattugiato a ridotto contenuto di sale – con un -30% di sale ben evidente sulla confezione – e uno spicchio, presumibilmente di 300, da 100 grammi. Al contrario si possono trovare on line delle offerte su 300 e 400. Come ad esempio una di Conad che propone un 400 di un chilo circa a 7,90 euro.

Sin qui i proclami di guerra. La domanda che però si fanno in molti è sul perché Granarolo abbia voluto scatenare questa guerra. Non crediamo, infatti, che il depliant di presentazione non sia stato attentamente vagliato dai responsabili della rete vendita.

Forse c’è un sospetto. E cioè che Granarolo abbia voluto fare un dispetto al grana padano. Fonti solitamente bene informate parlano infatti di uno scazzo fra l’azienda e il Consorzio per Fico. Pare infatti che nel grande parco a tema che verrà inaugurato a Bologna, in novembre, avrebbe dovuto esserci un caseificio con marchio Granarolo ma realizzato con il fattivo apporto del Consorzio grana padano. Che però, dopo un’attenta valutazione, avrebbe deciso di farlo in proprio. Con tanti saluti per l’azienda, coinvolta nell’operazione in un primo tempo. Che sia questa l’origine del casus belli?

Granarolo, interpellata in proposito, non ha voluto commentare la vicenda.

 

Torna in cima