Lisozima: il Minsal rimanda tutto ai regolamenti Ue. Ora si attende il pronunciamento del Tar

2019-02-20T12:21:04+01:0020 Febbraio 2019 - 12:21|Categorie: Formaggi|Tag: , , |

Milano – Nuova puntata del caso degli lisozima, che vede contrapposti i consorzi del grana padano e del parmigiano reggiano (leggi qui), con tanto di ricorso al Tar da parte di quest’ultimo. A seguito di una interrogazione dei parlamentari Davide Zanichelli (M5S) e Antonella Incerti (Pd), il sottosegretario alla Salute, Luca Coletto, ha dichiarato che la decisione ultima, in tema di etichettatura, spetta alla Ue. “Le determinazioni finora assunte dal ministero non possono in ogni caso mettere in discussione l’applicazione della disciplina di stretta derivazione comunitaria, che regola la materia dell’etichettatura degli alimenti”. Un parziale dietrofront rispetto a quanto stabilito dagli uffici dell’allora ministro della Salute Beatrice Lorenzin sul ruolo del lisozima nella produzione del grana padano, che lo avevano spostato dalla categoria ‘conservanti’ a quella di ‘coadiuvante tecnologico’, con una circolare dell’8 maggio 2018. Grazie alla nota del ministero, è stato possibile da quel momento etichettare il gran padano come formaggio “senza conservanti”. Questa opportunità ha fatto infuriare i produttori di parmigiano reggiano, che non utilizzano additivi e conservanti grazie alla diversa alimentazione delle bovine. I consorzi, a questo punto, restano in attesa del pronunciamento del Tar, che dovrebbe arrivare entro l’estate. Si legge in una nota del Consorzio del grana padano: “Il Consorzio, anche stavolta, si è rigorosamente attenuto alle indicazioni del ministero emanate con apposita nota l’8/5/18. In tale documento ministeriale non si mette in discussione il primato della Ue sugli stati membri in materia di etichettatura ed in particolare per quanto riguarda la classificazione dei conservanti. Il lisozima è e rimane a tutti gli effetti un conservante quando usato in formaggi che ne consigliano l’utilizzo mentre nel grana padano Dop non svolge la funzione di conservante. E quindi non è un conservante bensì un coadiuvante tecnologico, da ciò ne deriva che pur dovendo essere chiaramente indicato in etichetta perché estratto dall’uovo, come in effetti tutt’ora è, non va riportata la dicitura conservante. Ciò in assoluta coerenza con il RegUE n.1333/2008 il quale direttamente specifica che lo stesso non si applica ai coadiuvanti tecnologici. Questo è il tema su cui, sentito il Consiglio Superiore di Sanità e valutati gli esiti delle verifiche tecnico scientifiche dell’Istituto Superiore di Sanità, si è espressa con chiarezza la Direzione Generale del Ministero alla Salute. Poteva quindi il ministero alla Salute adottare il parere dei massimi organi scientifici italiani competenti in materia? Secondo noi sì, anzi non solo poteva ma addirittura doveva adottarlo, come in effetti ha fatto. È su questo argomento che il Tar dovrà prossimamente esprimersi”.

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