Vuoti a rendere: in Italia siamo all’anno zero nella Gdo, alla faccia della sostenibilità

2023-07-24T10:46:13+02:0024 Luglio 2023 - 10:46|Categorie: Il Graffio, in evidenza, Retail|Tag: , , , |

Di Luigi Rubinelli

È inutile guardare ai bilanci di sostenibilità per cercare conforto sulla crescita del vuoto a rendere in Italia nella Gdo. Niente da fare.

Al momento in Italia non esiste un obbligo legislativo sul vuoto a rendere. Il modello di riferimento è quello dei sistemi di deposito su cauzione (DRS, deposit return scheme), già in funzione da diversi anni in alcuni paesi dell’Ue. Il vuoto a rendere funziona così: dopo l’utilizzo vengono restituite le bottiglie, di plastica e di vetro, così da garantirne il corretto smaltimento. Contestualmente alla restituzione delle bottiglie vuote, si ha il ritorno della cauzione pagata al momento dell’acquisto.

Ci sono alcuni esperimenti in atto, alcuni di produttori (Acqua sant’Anna, Levico Acque con UniCoop Firenze, già commentato da Alimentando) e distributori (Decò-Multicedi/Gruppo Végé e poco altro ancora).

Le statistiche dicono che ogni anno sprechiamo 7 mld di contenitori che finiscono non si sa nemmeno esattamente dove.

Anche se non è obbligatorio, un buon retailer dovrebbe fare dei calcoli di fattibilità e proiettarli nel futuro e rendere conto alle sue comunità. Niente da fare.

Perché aspettare l’accettazione di un decreto europeo o nazionale? O forse aspettiamo l’ennesimo rinvio o l’ennesima commissione ministeriale?

L’ambiente è un dovere e una risorsa per tutti e i retailer che parlano tanto di educazione dei consumatori dovrebbero fare un passo in avanti a proposito del riciclaggio dei vuoti e giocare per primi la restituzione dei vuoti, non è vero? Anche chiedendo a gran voce con le loro associazioni che il Governo faccia di tutto per creare una filiera del recupero.

A titolo di esempio ecco alcune fotografie di spazi adibiti al ritorno delle bottiglie in Germania.

La prima è degli ipermercati Kaufland, gruppo Lidl:

 

La seconda è di Edeka:

 

Sono spazi organizzativi e di comunicazione che creano:

. fedeltà all’insegna,

. valore sociale,

. posizionamento dell’insegna,

. educational non a chiacchiere,

. senso di appartenenza.

 

E fanno si che l’intero settore sia a posto con la sostenibilità in oggetto (il recupero dei vuoti a rendere).

Suvvia, si può fare.

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