Cashback: una ‘tassa’ per i negozianti. Un regalo alle banche

2021-03-30T15:12:21+02:0030 Marzo 2021 - 15:03|Categorie: in evidenza, Mercato|Tag: , , |

Roma – Non c’è pace per il piano cashless del governo, di cui abbiamo scritto diverse volte nei mesi scorsi (leggi qui e qui). All’interno del piano troviamo la lotteria degli scontrini, l’abbassamento del limite all’uso dei contanti da 3mila a 2mila euro e il cashback, ovvero il rimborso del 10% per un massimo di 150 euro a semestre dopo almeno 10 pagamenti con la carta. Tutte misure che fanno storcere il naso a negozianti e piccoli esercenti: sono loro a pagare il prezzo più elevato. Su una colazione da 4,50 centesimi, rivela un’indagine di Altroconsumo, un bar può lasciare alla banca da 2 a 50 centesimi in commissioni, a seconda dell’istituto di credito analizzato (Intesa, Nexi, Unicredit, Poste). Ci sono poi casi in cui questi costi vengono ricaricati sui consumatori: una pratica illecita su cui dovrebbe fare chiarezza l’Antitrust. Per una spesa da 90 euro in gastronomia, invece, le commissioni vanno da 0,50 a 3,69 euro. Tutto questo senza considerare i costi annui per il Pos: minimo 180 euro, massimo 654 euro. Già dallo scorso anno il governo se n’è accorto e ha provato a metterci una pezza, introducendo il bonus Pos: un credito d’imposta del 30% sulle spese sostenute dagli esercenti  per accettare pagamenti con carte, bancomat e altri metodi simili. Ma l’agevolazione è valida solo per chi fattura fino a 400mila euro, e in più è un credito d’imposta che va a ridurre le tasse da pagare. Che in questo momento sono poche o sono state posticipate.

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