Fiera Milano/Pazzali: “Noi, Cibus e Federalimentare…”

2012-10-02T10:09:41+02:0027 Settembre 2012 - 10:32|Categorie: Mercato|Tag: , , , |

 

Milano – Enrico Pazzali, amministratore delegato di Fiera Milano riaccende la querelle sulle fiere dell’agroalimentare in Italia. E sulla loro importanza nel panorama europeo. Pazzali, nella lettera inviata oggi al Blog del Corriere della Sera, è netto: “Senza strategie, orientamento ai mercati internazionali e strutture distributive adeguate ed alleate anche i settori tradizionalmente vincenti dello stile di vita italiano rischiano di perdere la partita della globalizzazione.[…]. Sono fermamente convinto che il traino dell’offerta anche delle aziende alimentari italiane di qualità e medio piccole di dimensione, può essere offerto da piattaforme fieristiche come quelle che Fiera Milano sta sviluppando in tutti i mercati più importanti del mondo. […] Se mi consente uno sfogo proprio Federalimentare non sembra abbastanza interessata a vincere sui mercati del mondo preferendo concentrarsi, in modo, a mio avviso miope e pericoloso, sulle solite beghe del cortile di casa. Ripeto quello che mi ha già sentito dire mille volte, anche a rischio di annoiarla: quando c’è un settore leader c’è una fiera leader. Si tratta di una considerazione oggettiva e non della vanagloria dell’amministratore delegato di Fiera Milano distorto nel suo giudizio dalla posizione che occupa. Arredamento e design ? Salone del mobile. Vino? Vinitaly. Moda? Micam (scarpe) Mipel (pelle e borse) Mifur (pellicceria) Mido (occhiali). […] Ma la cosa grave è che ne potremmo averne qualcuna in più e non siamo capaci di mettere il bene del paese prima dei soliti piccoli interessi di parte. Guarda caso, l’opportunità fin qui perduta si trova proprio nel settore agroalimentare dove l’Italia insegna la dieta mediterranea e il valore della qualità al mondo ma viene sostenuta da una fiera che non è leader ma solo quarta al mondo. La prima è tedesca. La seconda francese e la terza spagnola, sia pur gestita dagli inglesi. Quest’ultima è di dimensioni doppie della nostra Cibus. Una fiera, quest’ultima, piccola, locale e difficilmente raggiungibile da chi non risiede in Italia. Parma è una città bellissima con imprese magiche per idee e prodotti. Ma si trova in una posizione geografica difficile ed è assistita da infrastrutture non adeguate ad una Fiera che aspirasse a scalare la classifica mondiale, battendo francesi e tedeschi, fino a raggiungere la vetta. Qui smetto di tentare di essere imparziale e manifesto invece la ferma volontà di Fiera Milano di adoperarsi per sviluppare una manifestazione leader nell’agroalimentare, possibilmente con la collaborazione di Parma e di tutti gli stakeholder che avrebbero da guadagnare da un successo in questo campo cruciale per la nostra economia attuale e futura. Chi ha invece interesse a tenere le cose come stanno e ad accontentarsi del quarto posto? Perché la fiera di Parma dà sostanziose fee milionarie a Federalimentare invece di investirle per i propri espositori magari invitando compratori stranieri? Perché Federalimentare affida la strategia di internazionalizzazione del settore che rappresenta alla fiera di Colonia? La situazione è troppo grave e il tempo per rimediare sempre più limitato per continuare a far finta di niente di fronte a scelte di allocazione di risorse scarse sbagliate, guerre di campanile che lasciano attonito il mondo che ci guarda e incapacità di fare sistema nel superiore interesse dell’Italia. Io sono stato accusato di essere parte attiva e cattiva in questo teatrino. Solo perché mi sono rifiutato di approfondire una ipotesi di accordo con Parma che aveva posto come pregiudiziale, prima ancora di cominciare a discutere, la decisione di cancellare la nostra fiera Tuttofood mantenendo Cibus a Parma. Spero che converrà con me sul fatto che non ci si siede a un tavolo dove si deve trovare un accordo difficile chiedendo preliminarmente alla controparte di fare gravi e unilaterali sacrifici. Forse però il suo articolo, mostrando il ritardo drammatico accumulato rispetto alla Germania (e alla Francia) potrebbe spingerci di nuovo tutti ad accantonare le beghe passate e provare di nuovo a trovare insieme una soluzione migliore. Io sono pronto a farlo e per questo domani proverò di nuovo a chiamare il dottor Ferrua sollecitando un incontro che fino ad oggi mi è stato negato. Ma già un segnale c’è e voglio essere fiducioso, nonostante i tanti problemi intorno a noi […]”.

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