Roma – A un anno dall’inizio del conflitto Ismea pubblica un bilancio dei mercati agroalimentari che, complici il calo del prezzo di gas e petrolio e la rivalutazione dell’euro sul dollaro, parla di un ridimensionamento delle spinte inflazionistiche. Prosegue dunque a gennaio 2023 la riduzione dei prezzi delle commodity iniziata nella seconda metà del 2022 e misurata dall’indice Fao. In particolare, segnala Ismea, le quotazioni degli oli vegetali sono in calo sul mese precedente e del -24% rispetto a gennaio 2022; mentre i cereali si assestano a gennaio sullo stesso livello di fine anno, con l’indice che si mantiene superiore del 5% rispetto a gennaio del 2022.
I prezzi rilevati in Italia sulle principali piazze di contrattazione, alla terza settimana di febbraio, evidenziano una tendenza flessiva. Il prezzo del frumento duro si è attestato a 414,53 euro/t (-16,5% su marzo 2022 ma +16% sul prezzo medio del 2021). Sulle dinamiche del grano duro, “rispetto alle quali il conflitto non ha alcuna connessione diretta” evidenzia Ismea, ha influito il recupero della produzione canadese (+79% a 5,4 milioni di tonnellate nel 2022), dopo il dimezzamento subito nel 2021. Nel caso del frumento tenero i prezzi si sono attestati a febbraio 2023 sui 324,47 euro/t (-17% annuo), grazie anche all’accordo che ha consentito il passaggio delle navi con produzione russa e ucraina attraverso il Mar Nero. Anche il mercato del mais, con l’Ucraina terzo fornitore mondiale, ha registrato una flessione dei prezzi (-19% a febbraio 2023 rispetto al record di 382,05 euro/t di marzo 2022), “ma il calo dell’offerta e delle scorte nel 2022 fanno prevedere quotazioni sostenute anche nei prossimi mesi”, si legge. Per i prodotti proteici a destinazione mangimistico-zootecnica cala il prezzo della soia: -138% su marzo 2022.