“Siamo un’azienda multibrand e multiprodotto”

2021-03-15T15:51:17+01:0015 Marzo 2021 - 15:47|Categorie: Le aziende si raccontano|Tag: , , |

Newlat, terzo polo lattiero caseario in Italia, punta su territorialità e qualità. Il presidente Angelo Mastrolia ci parla dei prossimi obiettivi del gruppo. E del nuovo accordo triennale sul prezzo del latte alla stalla in Toscana.

Terzo polo: un’espressione ricorrente sulla bocca di Angelo Mastrolia, presidente di Newlat. La società, dopo varie acquisizioni, è infatti diventata il terzo gruppo lattiero caseario in Italia, dopo Lactalis e Granarolo. Mastrolia, ha obiettivi precisi per il futuro di Newlat, che definisce “multibrand e multiprodotto”. Per raggiungerli punta su standard qualitativi elevatissimi, descritti in un nuovo disciplinare per gli allevatori toscani, e sulla stabilità della filiera, che parte dalla definizione di un prezzo fisso per il latte alla stalla. Ce ne parla in un’intervista a tutto tondo.

Con le recenti acquisizioni siete diventati il terzo polo lattiero caseario in Italia. Al di là delle acquisizioni, com’è andato il 2020 per Newlat?

Fortunatamente, come Centrale del Latte d’Italia, chiudiamo il 2020 in forte miglioramento. La società, che aveva avuto perdite considerevoli nel 2019, chiuderà con un Ebitda del 10% e con un utile netto abbastanza importante. Abbiamo agito su due fronti: da una parte sulla riduzione dei costi fissi e sulla stabilizzazione dei rapporti con i nostri allevatori, con i quali abbiamo concordato un prezzo ragionevole del latte alla stalla, dall’altro lato abbiamo stretto una partnership con i nostri clienti a cui offriamo prodotti locali di qualità. Siamo l’unica azienda in Italia a offrire latte locale in Piemonte, Toscana, Veneto, Campania e, dal 2021, anche in Emilia Romagna, dove sarà prodotto dalle stesse vacche destinate al Parmigiano Reggiano.

Quanto vale invece l’export?

Come Gruppo, l’export vale il 45%.

Quali sono le principali destinazioni?

Il 20% dell’export del Gruppo è assorbito dalla Germania, seguono il Regno Unito, gli Stati Uniti, il Giappone e la Russia.

Nel Regno Unito temete contraccolpi con la Brexit?

Ci eravamo già attrezzati per affrontare il mercato del Regno Unito e tutte le conseguenti complicazioni burocratiche. Però, grazie all’accordo sulla Brexit, non avremo il problema dei dazi, che era la vera spada di Damocle.

Quali sono quindi i vostri obiettivi per il futuro?

Il nostro obiettivo è rafforzare sempre di più il rapporto con il territorio. Siamo l’unica azienda leader assoluto nei territori in cui opera: Piemonte, Toscana, Veneto, Campania. In Emilia Romagna stiamo recuperando in maniera forte. Vogliamo offrire ai nostri consumatori un prodotto veramente a chilometro zero. Sottoponiamo il latte freschissimo a un trattamento termico a bassa temperatura in modo da non perdere nulla delle sue qualità. Il nostro latte fresco, insomma, è come quello appena munto. Questo fa la differenza. È chiaro che il consumatore cerca anche la comodità, per questo produciamo anche un latte Esl apprezzato da tutti: dura 28 giorni e parte da una materia prima freschissima.

Territorialità e valorizzazione della filiera sono quindi i vostri punti di forza?

Più che un punto di forza li considererei un investimento, perché il consumatore sarà sempre più portato ad acquistare prodotti italiani del territorio.

Cosa prevede il nuovo accordo raggiunto tra Centrale del Latte d’Italia e gli allevatori Toscani?

La nostra è una partnership: paghiamo il prezzo giusto senza speculazioni, né dal lato allevatori né dal lato industria. Ci siamo chiesti quale fosse il prezzo più sostenibile per zootecnia e industria. E abbiamo concordato 36 centesimi al litro. Ci sono poi, come dicevo, i premi per il biologico e la qualità. Arriviamo così sopra i 40 centesimi al litro. Abbiamo poi scelto di alzare ulteriormente l’asticella: fare un latte senza pesticidi, con un contenuto di proteine e grassi più aderenti agli stili di vita moderni. Stiamo lavorando per far sì che, senza manipolazioni industriali, si arrivi a produrre un latte sempre più completo. E questo anche grazie al nuovo disciplinare.

Di cosa si tratta?

Siamo l’unico gruppo con esperienza nel baby food in Italia. Vogliamo portare quello standard, che è l’eccellenza assoluta di oggi, anche nei prodotti per il consumatore tradizionale. Vogliamo che chi beve latte convenzionale trovi nel prodotto la stessa qualità del baby food. Si tratta dunque di ottenere il massimo livello di sicurezza da contaminazioni e pesticidi. Quanto al benessere animale, rispettiamo già tutti gli standard ed è uno dei punti fondamentali del nuovo accordo in Toscana. Se i nostri allevatori raggiungono tali standard di eccellenza, vengono ulteriormente premiati con maggiorazioni rispetto al prezzo alla stalla concordato.

Tornando all’accordo, non crede possa essere sbilanciato a favore dell’industria?

No, 36 centesimi base alla stalla è un prezzo corretto. E non è sicuramente penalizzante: in Italia subiamo la concorrenza del latte estero, che è meno costoso, il prezzo stabilito, però, non è tanto più alto da rendere poco competitivo il prodotto italiano.

Da dove nasce la volontà di stringere questo accordo?

Nasce dal desiderio di risolvere un problema che si poneva ogni sei mesi tra allevatori e industria di trasformazione: gli uni accusavano gli altri di essere costretti a chiudere le stalle per gli scarsi introiti, gli altri lamentavano di essere in perdita perché il prezzo del latte non era sostenibile.

Ci siamo chiesti: perché in Italia non si possono avere filiere stabili?

In effetti, il vostro è l’unico esempio di accordo triennale sul prezzo di una materia prima a oggi stretto in Italia. Esatto, negli ultimi anni non è mai stato fatto! L’accordo da una parte va a salvaguardare l’allevatore che, avendo un prezzo costante nel tempo, può meglio lavorare sulla ricerca incrementando la qualità del latte, che premiamo con maggiorazioni sul prezzo, dall’altra consente al trasformatore di competere con i mercati esteri.

Quali le novità di Newlat rispetto ai prodotti e ai packaging?

Punteremo molto sul latte naturale, ma ad alta digeribilità. Abbiamo lanciato il ‘Laatte’, che produciamo a Torino e contiene la beta caseina a2, che è iperdigeribile e adeguata per chi è intollerante al lattosio. Per quanto riguarda il packaging stiamo riconvertendo tutto in modo che le confezioni siano completamente riciclabili. Abbiamo già investito due milioni di euro per fare sì che il packaging del latte toscano provenisse da fonti vegetali e fosse totalmente riciclabile. Lo faremo per tutto il gruppo. Sarà uno dei mantra più importanti dei prossimi anni: vogliamo che tutti sia ecosostenibile. All’interno del gruppo ci sono due grandi asset: il lattiero caseario e la pasta.

Vi fermerete qui?

No. Aggiungo che fra i brand e i prodotti ci sono anche il baby food prodotto per Plasmon e quelli da forno come il Crostino Dorato. Dal 1° gennaio tutto il mondo del latte di Newlat è stato conferito a Centrale del Latte d’Italia. Mentre Newlat si concentrerà sui prodotti da forno, la pasta e sui prodotti a base di latte del baby food. È chiaro che non vogliamo fermarci qui. Abbiamo molti investimenti da fare. Noi guardiamo il food come un obiettivo globale su un modello multinazionale. Siamo un’azienda multibrand e multiprodotto.

Ultima domanda: quale sarà il fatturato del gruppo 2020?

A oggi 530 milioni di euro. Speriamo che nel 2021 possa arrivare a 800 milioni.

 

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