Fumagalli sempre più etica e sostenibile

2024-03-25T13:05:24+02:0025 Marzo 2024 - 14:10|Categorie: Salumi|Tag: , , |

Tavernerio (Co) – Fumagalli Industria Alimentari attua un protocollo che prevede più spazio per i suini all’ingrasso, maggior comfort con lettiere in paglia, un sistema ruspante con l’eliminazione delle gabbie e di fattori di stress, oltre all’allattamento libero e allo svezzamento tardivo. Tutto nell’ambito di una filiera al 100% di proprietà, che si ispira ai concetti del benessere animale e dell’uso responsabile del farmaco. Come ha attestato anche l’associazione Essere Animali nell’analisi condotta lo scorso anno analizzando le comunicazioni pubbliche di alcuni grandi produttori di salumi.

“La nostra è un’azienda cresciuta nel tempo. Oggi vantiamo un fatturato di 45 milioni come Fumagalli Industria Alimentari, mentre come gruppo Fumagalli siamo sui 70″, commenta Pietro Pizzagalli, pronipote del fondatore della Fumagalli e direttore generale, che nel 2020 è stato insignito del Premio ‘Allevatore dell’anno’ della rivista Informatore Zootecnico. “Benessere animale, riduzione e controllo dell’uso dell’antibiotico e sistemi di allevamento sono le tematiche su cui ci concentriamo con il nostro lavoro e su cui è indispensabile che la filiera si confronti, lasciando da parte la contrattazione commerciale”.

Lo scorso anno, delle otto aziende valutate da Essere Animali, Fumagalli è stata l’unica a ottenere un pieno punteggio, di 11 su 11, dimostrando così il suo impegno concreto nell’eliminazione di determinate pratiche: tra queste l’allevamento delle scrofe in gabbia, il taglio e la limatura dei denti oppure la mutilazione della coda.

“ll nostro business vive di un 59% di export e di un 41% italiano”, prosegue Pizzagalli, “all’estero lavoriamo con retailer e grossisti e il nostro primo mercato è quello inglese, il secondo quello svedese. Si tratta di Paesi in cui i consumatori dimostrano una forte sensibilità̀ alla sostenibilità̀ e alle condizioni in cui vengono allevati gli animali. Già tra gli anni ’80 e ’90, abbiamo cominciato a chiudere la nostra filiera, compiendo internamente tutto il ciclo di produzione del suino, dalla riproduzione all’ingrasso, fino alla macellazione. Siamo poi entrati in contatto con Compassion in World Farming e da oltre 10 anni è stato avviato un progetto per il parto senza gabbie, tale per cui le scrofe e i maialini condividono una struttura di un minimo di 6,5 metri quadrati di superficie”.

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