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Export italiano: il 71% del valore aggiunto è made in Italy

2023-10-04T12:52:41+02:004 Ottobre 2023 - 12:50|Categorie: Mercato|Tag: , |

Roma – L’Ufficio studi Sace, gruppo assicurativo-finanziario italiano, ha analizzato il valore aggiunto incorporato nel commercio estero, in modo da comprendere meglio le filiere che stanno dietro alle aziende esportatrici. “I beni acquistati e consumati nel mondo”, spiega il report curato da Cecilia Guagnini, “sono il prodotto di vari stadi di lavorazione, che spesso avvengono in più Paesi e coinvolgono diversi settori. Secondo l’Organizzazione mondiale del commercio, più di due terzi del commercio mondiale avviene attraverso le catene globali del valore, in cui un bene attraversa almeno un confine tra Paesi prima dell’assemblaggio finale”.

I dati sull’export di ogni Paese sono stati dunque scomposti per osservare il valore aggiunto (Va) domestico diretto, cioè quello generato dalle imprese del settore nazionale che esporta; il Va domestico indiretto, vale a dire quello generato dalle imprese degli altri settori dell’economia nazionale che forniscono input al settore esportatore; e il Va estero, ovvero quello incorporato negli input provenienti da altri Paesi.

Ne è emerso che circa il 71% del Va incorporato nell’export della manifattura italiana è domestico, dato in linea con quello tedesco, mentre Francia e Spagna mostrano un’incidenza più elevata del Va estero. “L’Italia mostra una più alta incidenza della componente indiretta”, continua lo studio. “Vale a dire che il Va incorporato nell’export manifatturiero proviene per il 37% da un settore italiano diverso da quello che esporta”.

Ogni settore manifesta, poi, le sue peculiarità. “La meccanica strumentale – primo settore di export italiano – vede, ad esempio, un apporto superiore alla media del Va domestico diretto. […] La componente di Va domestico indiretto è particolarmente spiccata (50%) nel caso di alimentari e bevande, per cui vi è un’alta incidenza del Va delle materie prime, nonché dei servizi di distribuzione e vendita e, anche se in misura minore, del packaging, spesso prodotto da altri settori quali metalli, vetro e plastica”.

“Il successo dell’export italiano nel mondo”, conclude la ricerca Sace, “non è quindi ‘solo’ frutto del lavoro delle imprese esportatrici, bensì anche di una forte filiera domestica, composta prevalentemente da imprese di piccole e medie dimensioni, su cui gli esportatori fanno affidamento per realizzare input a grande valore aggiunto”.

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