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Il grado di lavorazione dovrebbe essere indicato in etichetta. Lo studio italiano sul British medical journal

2022-09-01T15:28:33+02:001 Settembre 2022 - 15:28|Categorie: in evidenza, Mercato|Tag: , , |

Pozzilli (Is) – La composizione nutrizionale che risulta in etichetta non è l’unico criterio da considerare per la qualità dei prodotti. E’ fondamentale valutare anche il grado di lavorazione: per fare realmente prevenzione bisognerebbe segnalare i cibi ultra-processati. Le insidie, infatti, si nascondono in bevande zuccherate e gassate, prodotti da forno preconfezionati ma anche in altri prodotti apparentemente insospettabili come fette biscottate, alcuni cerali per la colazione, cracker e yogurt alla frutta. È quanto emerge da uno studio italiano realizzato dal Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione dell’Irccs Neuromed di Pozzilli (Isernia) in collaborazione con l’Università dell’Insubria di Varese e Como, l’Università di Catania e Mediterranea Cardiocentro di Napoli. La ricerca è stata pubblicata sul British medical journal (che le ha dedicato anche un editoriale), e ha indagato quale aspetto dell’alimentazione definisca meglio il rischio di mortalità. I ricercatori hanno monitorato per 12 anni lo stato di salute di oltre 22mila persone che hanno partecipato al Progetto epidemiologico Moli-sani e lo hanno correlato con le loro abitudini alimentari, prendendo in considerazione gli aspetti nutrizionali e quelli legati al grado di trasformazione dei cibi.

“I nostri risultati – dichiara Marialaura Bonaccio, epidemiologa del Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione dell’Irccs Neuromed di Pozzilli e primo autore dello studio – confermano che il consumo sia di alimenti di scarsa qualità nutrizionale che quello di cibi ultra-processati aumenta in modo rilevante il rischio di mortalità, in particolare per le malattie cardiovascolari. Quando però abbiamo tenuto conto congiuntamente sia del contenuto nutrizionale della dieta che del suo grado di lavorazione industriale, è emerso che quest’ultimo aspetto è quello più importante nell’evidenziare il maggiore rischio di mortalità. In realtà, oltre l’80% degli alimenti classificati come non salutari dal Nutriscore sono anche ultra-lavorati. Questo – prosegue – suggerisce che il rischio aumentato di mortalità non è da imputare direttamente (o esclusivamente) alla bassa qualità nutrizionale di alcuni prodotti, bensì al fatto che questi siano anche ultra-lavorati”. Lo studio fa riferimento alla classificazione Nova che valuta un alimento in base a quanto sia stato lavorato a livello industriale. Il sistema identifica gli alimenti ultra-processati, ossia quei cibi fatti in parte o interamente con sostanze che non vengono utilizzate abitualmente in cucina (proteine idrolizzate, maltodestrine, grassi idrogenati…) e che contengono generalmente diversi additivi, come coloranti, conservanti, antiossidanti, anti-agglomeranti, esaltatori di sapidità ed edulcoranti.

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