Gianni Zonin: il Re è nudo!

2023-06-29T14:23:30+02:0025 Giugno 2021 - 12:49|Categorie: in evidenza, Vini|Tag: , , , |

Crac Pop Vicenza: le motivazioni della condanna in primo grado per il suo presidente in un documento di 1.111 pagine. “Era un monarca assoluto”, stabiliscono i giudici. “E per un ventennio ha gestito la banca come fosse un’azienda di sua proprietà”.

“Un monarca assoluto”: così viene definito Gianni Zonin nelle motivazioni della sentenza che, lo scorso 18 marzo, lo ha visto condannato in primo grado a sei anni e sei mesi dal Tribunale di Vicenza. Epilogo di un maxi processo durato più di due anni e 116 udienze. Al centro: il crac finanziario della Banca Popolare di Vicenza, di cui è stato presidente dal 1996 al 2015. Oggi, un testo fiume di 1.111 pagine, redatto dal collegio del tribunale presieduto dal giudice Deborah De Stefano, chiarisce le ragioni che hanno portato alla condanna di ‘Re Zonin’. Che tanto ricorda il sovrano raccontato da Andersen nella fiaba ‘I vestiti nuovi dell’imperatore’, circondato da una schiera di acquiescenti cortigiani (o manager?) che preferiscono tacere e obbedire piuttosto che mettere in discussione l’autorità del monarca.

Un intero capitolo, il XII, intitolato ‘Il ruolo del presidente Zonin’, dipinge infatti un quadro piuttosto esplicito delle sue responsabilità in questa drammatica vicenda. Ruolo che lo stesso Zonin ha sempre negato, definendosi estraneo tanto agli aspetti gestionali della banca, quanto alle decisioni dei suoi vertici, ovvero gli altri imputati del processo. Per loro, il tribunale ha disposto: una pena di sei anni e tre mesi per l’ex vice direttore generale responsabile dell’area mercati, Emanuele Giustini; sei anni agli altri due ex vice dg, Paolo Marin, responsabile dell’area crediti, e Andrea Piazzetta, a capo del settore finanza; assolti l’ex consigliere di amministrazione Giuseppe Zigliotto e l’ex dipendente Massimiliano Pellegrini. È invece ancora in corso il processo a carico di Samuele Sorato, ex amministratore delegato e direttore generale dell’istituto di credito, ritenuto il ‘braccio destro’ Zonin.

“Le relazioni ispettive in atti e le testimonianze degli ispettori dell’autorità di vigilanza che nel corso degli anni hanno interagito con i vertici bancari restituiscono un quadro univoco sul ruolo dominante e pervasivo svolto dal presidente Zonin nell’organizzazione dell’attività bancaria”, si legge nel documento. “Sin dal 2007, l’attenzione dell’organo di vigilanza si è appuntata sugli elementi di criticità connessi ai meccanismi di governance fortemente autoreferenziali e autocratici instaurati da Zonin, criticità mai effettivamente rimosse nel corso degli anni, che hanno in buona sostanza determinato nel 2015/2016 l’implosione della banca”. La strategia “imposta” dal presidente, sottolinea ancora il rapporto, era improntata a una “continua crescita dimensionale” e la politica di acquisizione “sistematicamente indirizzata all’apertura di nuove e grandiose filiali […] nelle zone ove erano insediate le sue tenute” e “finanche nelle località di vacanza da lui frequentate”.

L’ispettore Emanuele Gatti, responsabile della squadra ispettiva della Banca centrale europea, nel descrivere il ruolo di Zonin nella compagine bancaria dichiarò: “Era un fatto noto – e l’ispezione me ne ha dato consapevolezza – che nulla in azienda si muovesse senza che Zonin ne fosse informato”.

Una descrizione ben lontana da quella che Zonin ha dato di sé nel corso delle udienze che si sono tenute nel 2020, in cui si è detto “all’oscuro dell’esistenza del fenomeno del capitale finanziato” e ha rivendicato un ruolo di presidente “neutrale”, che non si è mai intromesso negli aspetti gestionali della banca e che ha “assolto una funzione di mera rappresentanza”.

Eppure, la figura che emerge dall’esito del processo è “radicalmente diversa”, secondo il collegio dei giudici. “L’istruttoria dibattimentale restituisce l’immagine di un presidente che ha esercitato per circa un ventennio una posizione di dominio incontrastato all’interno della banca”, con “un marcato accentramento di potere nell’assoluta acquiescenza dei manager e degli organi sociali, operando come ‘un monarca assoluto’”. “Conclusivamente”, scrivono i giudici, “è stata raggiunta la prova dell’effettiva conoscenza da parte di Zonin dell’anomala operatività dell’istituto nel capitale finanziato, operatività da lui stesso sostenuta e condivisa allo scopo di occultare al mercato e alla vigilanza lo stato di illiquidità delle azioni della banca”. Il Re è nudo.

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