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Nutri-Score, si prepara un ribaltone?

2023-07-21T11:44:37+02:0021 Luglio 2023 - 12:10|Categorie: Aperture del venerdì, in evidenza|Tag: , , , |

Cresce l’adesione al fronte ‘italiano’ contro l’etichettatura francese. Spagna e Polonia sposano la nostra posizione. Favorevoli al modello del professor Hercberg restano solo cinque Paesi.

Crescono le perplessità verso il Nutri-Score. Dopo l’Italia, anche altri Paesi iniziano a comprendere che vedere il formaggio Roquefort, l’olio d’oliva spagnolo e persino le prugne indicate come nocive è un danno incalcolabile, determinato semplicisticamente sul contenuto di sale, grassi e zuccheri. Non si tiene conto del quadro generale e non si prendono in considerazione né la lavorazione né i benefici nutrizionali più ampi. Come ormai sostengono in tanti, l’algoritmo riflette la formazione di Serge Hercberg, suo inventore, professore alla Sorbona, che è prima un epidemiologo e poi un nutrizionista.

Anche la comunità scientifica è sempre più dubbiosa. Secondo l’autorevole professor Philippe Legrand, direttore del Laboratorio di biochimica della nutrizione umana all’Agrocampus-Inserm di Rennes (Francia), il Nutri-Score nasce già obsoleto per ciò che riguarda la classificazione dei grassi, alcuni dei quali sono indispensabili per la salute umana. La posizione di Legrand, secondo cui l’etichetta in realtà non è altro che un verdetto sul cibo che non fornisce le informazioni che servirebbero al consumatore, sta ormai facendo scuola.

Lentamente, ma inesorabilmente, i Paesi si stanno rendendo conto che non esiste una soluzione unica per i cittadini. Entrano in campo fattori come cultura e religione, costi e disponibilità dei prodotti, leve di marketing e tutta un’altra serie di suggestioni. La Romania, a partire dal 1° maggio, ha vietato il Nutri-Score in quanto non informava accuratamente i consumatori. La Svizzera (che, lo ricordiamo, non fa parte della Ue), dopo aver adottato il Nutri-Score potrebbe diventare il primo Paese in Europa a fare marcia indietro e annullare l’adozione. Anche Spagna e Polonia hanno espresso critiche severe verso l’etichetta. Mentre l’Olanda, che ha deciso di sposare il Nutri-Score, ha chiesto una revisione dell’algoritmo, considerato troppo ‘grezzo’.

C’è poi un’altra questione: il Nutri-Score si è già trasformato in un potente strumento di marketing. Nestlé lo ha adottato su tutte le linee di prodotto, sollevando le critiche dei consumatori inglesi, che hanno rimarcato come i suoi cereali Kit-Kat avessero ricevuto una C nonostante contenessero, in una sola porzione da 30 grammi, quasi la metà della dose giornaliera di zucchero raccomandata per un bambino. Di contro, per le aziende più piccole risulta più difficile ricevere un buon punteggio, dato che non hanno i centri di ricerca e sviluppo delle big company, capaci di ottimizzare il prodotto per renderlo più affine alle variabili dell’algoritmo. In questo modo, il Nutri-Score lavora alla semplificazione del mercato, in un numero ristretto di referenze in mano alle grandi aziende, contro la ricchezza dell’offerta e la massima diversità possibile. Con un impatto negativo per il consumatore.

Il ‘Gastronazionalismo’ (come lo chiamano i giornalisti stranieri) del governo Meloni ha trovato dapprima ampie convergenze in Italia e poi solidi appoggi nel resto della Ue, e non solo. A oggi, i soli Paesi che continuano a sostenere il Nutri-Score sono Francia, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi e Belgio. Si tratta delle nazioni che a Bruxelles godono del maggior peso specifico. Ma in ambito agroalimentare i giochi sono più aperti che in altri settori, e in ogni caso il loro voto non è sufficiente per un’eventuale votazione in sede di Consiglio Ue. L’Italia poteva inizialmente contare sull’adesione di Cipro, Grecia, Lettonia, Romania, Repubblica Ceca e Ungheria. Ora si sono aggiunte Polonia e, probabilmente, Spagna.

È dunque possibile che si arrivi a un ‘ribaltone’, con la proposizione di un nuovo modello, come sembra suggerire anche una nota di due settimane fa di Federalimentare. Nel proprio libro-manifesto, il cui titolo in italiano è traducibile con ‘Mangia e taci’, Hercberg sostiene che le multinazionali hanno osteggiato l’etichettatura. In sé la cosa può anche essere vera. Ma è altrettanto innegabile che siano loro quelle più attrezzate ad assecondare l’algoritmo. L’Italia ha probabilmente sbagliato proponendo un suo modello (il Nutrifrorm Battery) troppo complesso per essere compreso dai consumatori. Ma il dato di fatto è che l’etichetta francese non dice niente del prodotto. È un semaforo, e i semafori dicono solo se puoi attraversare la strada. Non ti spiegano dove andare. Occorre ripensare il modello partendo dal consumatore. E stavolta l’Italia è chiamata a indicare la via, oppositori del ‘Gastronazionalismo’ permettendo.

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