Nuovo disciplinare Prosciutto di Parma: la nota del presidente del Consorzio, Alessandro Utini

2024-02-08T08:52:33+02:008 Febbraio 2024 - 08:52|Categorie: in evidenza, Salumi|Tag: , , |

Parma – Riceviamo e volentieri pubblichiamo la nota di Alessandro Utini, presidente del Consorzio Prosciutto di Parma, in merito alle modifiche al Disciplinare:

“L’approvazione presso la Commissione europea nel marzo dello scorso anno delle modifiche al Disciplinare di produzione del Prosciutto di Parma e l’entrata in vigore, a inizio settembre, del nuovo Piano dei Controlli che le ha rese effettive hanno segnato un passo fondamentale per il futuro della nostra Dop.

La revisione del documento produttivo a trent’anni dalla sua prima stesura, prima ancora di essere una condizione legata a situazioni contingenti, è stata la risposta ad una volontà chiara ed inequivocabile. Il Prosciutto di Parma è un’eccellenza assoluta del nostro Paese, ambasciatrice nel mondo di una cultura gastronomica che tutti riconoscono all’Italia. Ciò che rende questo prodotto, con duemila anni di storia alle spalle, costantemente attuale e apprezzato è la sua capacità di mantenersi coerente con le esigenze del consumatore e di un mondo in continuo mutamento, puntando sul rafforzamento della qualità e della distintività, che ne rappresentano la cifra più autentica e profonda. Ed è proprio per permettere al Prosciutto di Parma di continuare ad affermare la propria unicità che abbiamo proposto una serie di modifiche, riguardanti le caratteristiche della materia prima, della produzione, fino ad arrivare alla commercializzazione del prodotto, passate al vaglio degli Organismi competenti, nel corso di un iter durato complessivamente 5 anni.

L’aspetto che ha animato maggiormente il dibattito che ne è scaturito, talvolta col rischio di portare in secondo piano altre significative modifiche inserite, è senza dubbio quello legato alla genetica dei suini. A tal riguardo, si specifica che il nuovo Disciplinare di produzione riprende in modo puntuale quanto definito in precedenza dal Ministero dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste in materia di tipi genetici, e introduce una tabella esplicativa che illustra in modo inequivocabile le combinazioni genetiche ammesse. Nel fare questo, è chiara la volontà di valorizzare in modo sempre più deciso il legame indissolubile che unisce le caratteristiche della materia prima, e quindi dei suini, alla qualità del prodotto finito, ribadendo in modo netto l’identità della nostra Dop.

La selezione di cosce fresche che possano sostenere il lungo processo produttivo del Prosciutto di Parma, e che permettano al tempo stesso di ottenere le caratteristiche uniche che lo contraddistinguono, deve necessariamente essere disciplinata da una definizione della genetica dei suini che non lasci margini di dubbio. È altresì importante che l’area di provenienza della materia prima (11 regioni del Centro-Nord Italia) sia rappresentativa di quella specificità geografica che è così proficua sia dal punto di vista produttivo che da quello culturale, e che è il tratto determinante, nonché necessario, di una denominazione di origine protetta. È opportuno sottolineare ancora una volta che, se il legame con il territorio decadesse, la qualità e l’immagine del prodotto ne uscirebbero irrimediabilmente compromesse.

Rispetto all’eventualità che le misure riguardanti la selezione della materia prima riducano la quantità di cosce idonee alla produzione, contraendo le sigillature, è inevitabile constatare come sia oggi impossibile avanzare alcuna ipotesi attendibile al riguardo, visto il minimo tempo trascorso dall’entrata in vigore del nuovo Piano dei Controlli. Il rischio è quello di cedere alla tentazione di imputare alla revisione del Disciplinare un trend di diminuzione della produzione suinicola che interessa svariati Paesi europei a vocazione allevatoriale e che da anni affligge anche il nostro Paese (ben prima che le modifiche del Disciplinare stesso diventassero effettive).

Ma, come detto, la genetica non è l’unico aspetto ad avere interessato il processo di revisione. Tra le altre cose, abbiamo portato la stagionatura minima da 12 a 14 mesi, contestualmente ad un aumento di peso della coscia fresca, e ridotto il tenore salino massimo consentito. Abbiamo tenuto saldo il timone perché la tutela e il rafforzamento della qualità fossero la destinazione tangibile del nostro percorso. E nel fare questo abbiamo valutato con estrema attenzione, anche grazie al necessario confronto interprofessionale a livello istituzionale, ogni modifica proposta, seguendo due direttrici parallele: tutelare la salute dell’intera filiera e definire un futuro in cui la nostra Dop possa contare sulla sua identità per essere sempre più competitiva”.

 

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